Il giro del Mondo in barca a vela: "Non si possono scoprire nuovi Mari se non si ha il coraggio di lasciar scomparire la Terra dietro l'orizzonte"
domenica 29 giugno 2014
mercoledì 25 giugno 2014
Cani, Porci e Chiese
Il gruppo delle isole di Vava'u (Is.Tonga) è un atollo in formazione, o una grande isola vulcanica in disgregazione a seconda dei punti di vista. E' composto da un numero elevato di isole ed isolette colore verde smeraldo, perloppiù a strapiombo sul mare con rare spiagge arancioni. Kingdom of Tonga, bandiera rossa con un riquadro bianco in alto a sinistra a fare da sfondo ad una croce altrettanto rossa, credo siamo politicamente sotto il controllo Britannico; la seconda lingua è l'inglese. Non si può certo dire che vivono nel lusso, anzi, però sicuramente di una cosa penso si ritengono ricchi: la Fede. Chiese in ogni luogo, queste sì a sfoggiare lusso, le uniche ad avere un giardino erboso ben curato, la staccionata in legno o cemento ben pitturata ed un portone di ingresso recante frasi inneggianti al Signore. A volte hanno anche a lato un campo da gioco (basket, volleyball, ecc.) recintato all'impossibile e sempre vuoto (chissà quali formalità sono necessarie per entrare). Dalle profondità delle Chiese più grandi si odono echeggiare canti di voci bianche ad ogni ora. La domenica è vietato lavorare, firmare contratti, fare affari e chissà cos'altro non è permesso: tutti a Messa; camionate (non hanno i bus) di ragazzi e ragazze di tutte le età vestiti a festa, anzi direi in divisa e con colori vivaci, a ritrovarsi nei luoghi di culto ad onorare il Creatore ed a cantare canzoni inneggianti alla Croce. Le famiglie meno prolifere hanno una decina di figli mi riferisce il ragazzo che con la macchinetta e gli aghi intinti nell'inchiostro nero mi sta marchiando con un nuovo disegno; normalmente i gruppi famigliari sono composti da 15 e anche 17 pargoli a correre per casa assieme ad un numero elevato di cani, ed a condividere gli spazi verdi, giardini e boschi, con un numero imprecisato di maiali soprattutto di colore nero, pochi maiali rosa ed alcuni maiali pezzati. I suini sono dappertutto a libero pascolo come fossero galline, e come se la terra a disposizione a loro non bastasse gli abbiamo visti rovistare col muso basso perfino dentro l'acqua di mare, cosa mai vista.
Dopo un paio di ore sotto i ferri aguzzi ed un paio di proposte di matrimonio da parte di ragazze di passaggio dalla botttega di Miki, il giovane che fa i tatuaggi, entrato un po in confidenza con lui gli chiedo cosa se ne fanno di tanti cani. Risposta presto data: li mangiano alla pari di altri animali, e a suo dire quelli di età quasi giovane sono meglio delle porchette.
Passeggiando all'interno di una di queste isole, da sponda a sponda lungo l'unica strada di terra e noci di cocco, queste ultime rovesciate a formare una superficie più solida dove il fango è più profondo, posso raccogliere e saggiare dei mandaranci dal sapore un po aspro ma molto buoni. Qui cammino sempre con un occhio rivolto verso l'alto nel caso una noce di un paio di chili decidesse di staccarsi da una decina di metri di altezza per piombarmi addosso, non mi divertirei di certo a riceverla in testa o su una spalla. Scorgo a lato tra il fogliame un grosso ragno e la sua tela giallastra; i tre fili principali a tenerla tesa tra i rami fanno impressione tanto sono spessi; decido quindi di provare la loro resistenza prendendone uno tra le mani e trazionandolo (tenendo d'occhio il ragno che non si incazzi!!). Tira e tira alla fine lo spezzo… ma quale forza quel filo di ragnatela! Prima di andarmene riparo il "danno" al ragno con un nodo marinaro (nodo 'piano') e la sua tela è di nuovo a posto!! Su un altra piccola isola trascorreremo la giornata a ripulirla dalle immondizie, idea di Joseph che ha contagiato anche me. Su un'altra isola ancòra siamo invece stati ospiti, diciamo così, di una famiglia di una ventina di loro che hanno cucinato due maialini alla brace sulla spiaggia: mentre la mamma preparava dei deliziosi contorni ed il papà accendeva il fuoco, i bimbi hanno provveduto a tutto l'occorrente riguardo la bestia, dal pascolo al piatto… Hanno partecipato al barbeque i componenti di una decina di imbarcazioni del nostro gruppo del World ARC Rally, ed in quella occasione abbiamo potuto raccogliere e donare alla piccola scuola locale un migliaio di dollari. Niente S.Messa ma ci siamo "sentiti buoni" lo stesso.
Dimenticavo quasi di scrivere che qui è arrivato l'inverno, ma forse sarebbe più corretto dire che ci siamo andati incontro noi considerando che siamo giunti, a giugno, ben oltre i 21° di latitudine sud.
Aggiungo, infine, che con tutto questo raccontare mi è venuta una irresistibile voglia… di cane… (volevo scrivere 'carne').
foto by Vlado
venerdì 13 giugno 2014
Volvo Ocean Race: ufficiale, confermato il mio amico Alberto Bolzan su Team Alvimedica!!
Volvo Ocean Race: ufficiale, confermato Alberto Bolzan su Team Alvimedica. Sarà lui il velista italiano al giro del mondo. (Intervista by Farevela)
Newport, USA- Adesso è ufficiale. Sarà Alberto Bolzan il velista italiano che disputerà la prossima Volvo Ocean Race su Team Alvimedica. Ad annunciralo a FareVela è lo stesso Bolzan, nell’intervista che ci ha concesso oggi via skype da Newport, dove il team turco-americano è arrivato ieri sera al termine della sua prima traversata atlantica test, dieci giorni da Lisbona a Newport, Rhode Island.
Alberto Bolzan con lo skipper Charlie Enright a Newport. Foto Forster
Alberto Bolzan, 32 anni, friulano di scuola velica triestina, è quindi il primo italiano a disputare la Volvo Ocean Race, da Gabriele Olivo che fu MediaMan su Telefonica nell’edizione 2009-2009. Per ruoli di velisti bisogna risalire però addirittura a Stefano Rizzi e Ciccio Celon su Amer Sports One nel 2000-2001. “La realizzazione di un sogno”, ci ha detto Bolzan, “Visto che la Volvo Ocean Race è sempre stata il mio obiettivo velico da quando ero bambino. Una sfida che mi ha sempre appassionato”.
I due skipper del team, gli americani Charlie Enright e Mark Towill, stanno concludendo la selezione dell’equipaggio, che sarà pronto, da quello che ci ha detto Bolzan, nella prossima sessione di test, all’inizio di luglio. “Ci siamo fatti un’idea dell’equipaggio, nei vari ruoli, ci siamo posizionati bene a bordo”, ma il suo ruolo è già confermato ed è ufficiale, come si percepisce dal plurale che usa, “Sì, mi hanno appena detto che lo posso dire, è ufficiale. Sono a bordo come uno dei timonieri e trimmer durante il turno, per quanto riguarda la specializzazione sono responsabile del programma di sviluppo delle performance e del tuning del rig”. Il tono è un misto di soddisfazione e professionalità. Da una parte, raggiante per esserci e dall’altra conscio che c’è una lunghissima rotta da percorrere. Ma la faccia da bravo marinaio friulano lascia passare anche qualche bel sorriso. Per Alberto Bolzan il sogno velico si sta realizzando e scusate se è poco.
E come è andato il primo oceano? “Una traversata fantastica, siamo pariti con vento di 30 nodi in poppa e abbiamo fatto medie sulle 500 miglia per i primi quattro giorni, poi bolina fino a 30 nodi e vento leggero alla fine. Molto positivo come allenamento, abbiamo potuto testare la barca nelle condizioni più diverse”.
Sui Volvo 65, che ci dice di aver timonato moltissimo sia nelle sessioni quotidiane in Portogallo sia nei giorni scorsi in Atlantico, Bolzan parla sicuro: “Mi è sembrata una bella barca, molto solida, dà una sensazione di grande sicurezza perchè sentirsi sicuri quando il mare è grosso ti fa dormire un po’ più tranquillo, per quel poco che si riesce... E poi dal punto di vista delle performance è potente e veloce. In condizioni sui 20-30 nodi alle portanti si naviga costantemente sopra i 25 nodi, con punte sui 30. Dà davvero molta soddisfazione navigarci. I 70 erano barche più estreme, con ricerche esasperate delle
performance. I 65 sono magari un pelo meno veloci come punta ma la sicurezza è notevole e sapere di poter contare su un mezzo che dà affidamento quando sei da solo in mezzo all’oceano tirando sempre. Sono un compromesso eccellente tra velocità e affidabilità”.
E al timone? “La si porta come tutte le barche veloci da alte prestazioni, paragonabile più a una barca tipo Esimit che a una IRC. Ha bisogno di specializzazione, specialmente per la gestione della canting keel ma alla fine è pur sempre una barca a vela. Dal punto di vista fisico è molto dura. Portarla in otto significa avere molta forza e resistenza. Le vele sono di tipo oceanico, quindi molto pesanti e per spostarle si fatica molto, così per le manovre visto che si fa tutto con i grinder. Una bella preparazione fisica è certo fondamentale. Dopo averci vissuto per dieci giorni, posso dire che la scelta del one design ha dato anche la possibilità di pensare a un minimo di “confort”. Intendiamoci tutto è al massimo della tecnologia e in carbonio ma le brandine sono sempre brandine... ma un pelino più grandi... così come l’altezza in cabina garantisce un volume d’aria respirabile migliore. E posso garantire che dopo che si vive per dieci giorni in otto lì sotto la cosa si apprezza... Sei sempre bagnato, pieno d’acqua, tutto scuro con il carbonio e rischi di picchiare la testa da tutte le parti, ma lo sai e chi accetta di fare questa regata accetta anche questi aspetti, anzi è un po’ il suo bello”.
Bolzan ci dice apertamente che solo due anni fa non si immaginava certo di fare questa Volvo ma che questa era sempre stata il suo sogno. “Mi sono dedicato alle regate inshore e ai one design, fondamentali per progredire nella tecnica ma questo tipo di regate come la Volvo è sempre stato il mio sogno fin da piccolo. Tra i miei idoli velici ci sono sempre stati i personaggi che hanno fatto grande questa regata e ho avuto sempre il massimo rispetto per loro. Quando stavano impostando la campagna mi hanno detto di farmi sentire, ho mandato il mio curriculum, gli è piaciuto. Abbiamo provato in due sessioni ed ora eccomi qui, a 32 anni sono tra i più vecchi”.
Team Alvimedica è il team americano ideato dai due skipper del New England Charlie Enright e Mark Towill, con sponsor turco-italiano (la piemontese CID Vascular, Ndr) e un sailing team tutto sui trent’anni. Bolzan, che di anni ne ha 32, lo descrive così: “Un gruppo molto bello, giovane, si respira un’aria di volontà e voglia di fare esperienza. Tutti abbiamo voglia, magari non abbiamo l’esperienza di grandi navigatori oceanici, ma siamo tutti qui per imparare e bruciare le tappe. Il nostro obiettivo è quello di presentarci, tra pochi mesi, sulla line di partenza come un outsider per dare fastidio al massimo ai team favoriti”.
Full immersion per Bolzan sulla Volvo Ocean Race nei prossimi mesi, a parte una puntata alla Giraglia la prossima settimana come ultima regata con Esimit (il supermaxi di Igor Simsic, Ndr), e moltissime cose da testare e provare. “Dobbiamo imparare il più possibile in poco tempo, navigare fa sempre bene...”.
E come vedrebbe Alberto Bolzan una futura eventuale partecipazione italiana alla Volvo? “Credo che sia fondamentale prima di tutto creare il massimo interesse su questo tipo di vela. Tra le boe siamo tra i migliori al mondo ma credo che avremmo delle possibilità buone anche nelle regate offshore. La Volvo ha sempre un fascino tutto suo. ieri sera quando siamo arrivati a Newport c’erano decine di barche che ci attendevano e che ci hanno poi scortato fino all’ormeggio, riservandoci una grandiosa accoglienza, e questo solo per un allenamento. E poi c’è la parte imprenditoriale, la programmazione, assai complessa e dove c’è un gruppo di persone che lavorano a tempo pieno e senza le quali non potremmo neanche navigare. Un lavoro di team assai interessante, dove la programmazione è tutto”.
In foto: Bolzan sorride al timone di Alvimedica. Foto Amory Ross/Team Alvimedica
lunedì 9 giugno 2014
lunedì 2 giugno 2014
Diecimila miglia o poco più, ed un sabato di meno
Durante il skipper-briefing allo Yacht Club di Bora-Bora ci avevano avvisato della bassa pressione ciclante a sud della meta della 4a tappa del nostro World ARC Rally in barca a vela, nei dintorni delle Isole Tonga, 1460 miglia nautiche (2600Km) a sud-ovest. Avevamo previsto di arrivarci in circa 15 giorni, comprese le due soste intermedie a Suwarrow e Niue, e quindi non ce ne siamo preoccupati più di tanto del maltempo tanto era lontano sia di spazio che di tempo. Diciamo quasi tutto bene fino alla prima sosta con vento sui 20-25 nodi, ma nel mentre una raffica di 30 nodi ci sorprenderà strappandoci il piccolo ed utilissimo gennaker di 80mq: l'angolo di mura è rimasto solidamente a prua con un metro di vela soltanto mentre tutto il resto staccandosi ha svolazzato rumorosamente per qualche minuto a mò di gigantesca bandiera fino a quando, e con fatica, lo abbiamo recuperato a bordo un po a brandelli e fradicio. Era vecchio e lo avevamo usato molto ma si spera sempre che le cose durino in eterno, cosa ovviamente impossibile. Tenteremo di farlo riparare appena possibile altrimenti, dovesse risultare irreparabile, Vlado è seriamente intenzionato a farsene costruire uno nuovo uguale. A sostituirlo temporaneamente sarà il fiocco di trinchetta ed il genoa ridotto della metà, tutti e due tangonati in modo da avere a prua due vele quasi gemelle in dimensione.
La sosta a Suwarrow, posto bellissimo di cui ho già parlato precedentemente, ci renderà difficile la decisione di ripartire per continuare il viaggio senonchè nuove previsioni meteo ci preannunciano un allargamento della bassa pressione già presente con temporaneo calo totale di vento per alcuni giorni sulla nostra rotta verso Niue e forse anche successivamente. Ripartiamo con ottimo vento al giardinetto per un giorno e poi tutto si ferma: seguiranno 3 lunghi ed interminabili giorni a motore, cielo coperto, e pioggia di tanto in tanto. Alcune decine di miglia nei pressi di Niue, seconda tappa intermedia, il vento riprende a soffiare deciso prima al traverso e poi di bolina. E chi se lo sarebbe aspettato di bolinare? Non ricordo di averlo fatto nei quattro mesi precedenti! Sfoderiamo la randa con 2 mani di terzaroli. Onde di 2-3 metri non ci faciliteranno di certo le cose, ma quando il vento deciderà di mettersi decisamente contro allora la scelta del Comandante di saltare Niue per proseguire verso Vava'u (Isole Tonga) risulterà facile e ci procurerà sollievo.
Ottanta gradi di bussola di differenza e la forza della natura ti diventa amica improvvisamente. A gonfie vele surfiamo sulle onde dalle creste biancastre col nostro 45' alla velocità di otto-dieci nodi per due giorni. Pioggia, a tratti insistente, ma si va avanti alla grande: via tutto, anche il costume, e ci prendiamo quella fresca doccia d'acqua dolce insaponati e sorridenti.
C'è anche tempo per riuscire a capire, nei pressi del 180° Meridiano, come passare in un istante dall'avere 12h di ritardo di orologio rispetto all'Europa il venerdi 23, ad averne 12h di anticipo la domenica 25 perdendo un giorno di calendario: sabato 24 maggio, chi ce lo renderà mai? Un sistema però ci sarebbe, tornando indietro…
Durante il turno di notte indossiamo pantaloni lunghi e pile a contrastare le temporanee temperature più basse. Il frigo è quasi vuoto. Ultimo giro di bicchierini di rum (terminato pure lui) per festeggiare le mie 10.000 miglia nautiche!
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