mercoledì 28 maggio 2014

L'Isola dei "Robinson Crusoe": Suwarrow (Is. Cook)

L'Isola non la vedi fino a quando ci sei vicino a poche miglia: una linea sottile-sottile di palme da cocco, la sabbia arancione pallido della spiaggia arriva ancòra dopo, le aree coralline, infine, si scorgono per ultimo ad un centinaio di metri o addirittura quando ci sei quasi sopra. Uccelli bianchi dalla coda lunga di cui non conosco il nome ci svolazzano gridando sopra la nostra Civetta II; le Fregate, nere e bianhe, invece fanno lunghi giri, più alte, dalle ali e dalla coda a sagoma acuta. La passe è ampia e tranquilla, le mappe sono precisissime: solo il South-Reef da evitare aggirandolo tenendosi a sud come dice il nome. L'Atollo è molto grande. Acqua blu significa 50 metri o più di profondità; acqua azzurra, 12 metri per il fondo; acqua trasparente-turchina, 4 metri di morbido, caldo ed irresistibile mare. Non mi tratterrei da farvicisi un tuffo se non che c'è da fare del lavoro ulteriore per alcuni minuti: filare l'àncora. Il Comandante rallenta l'imbarcazione, attendo il segnale, poi pigio il bottone di gomma colore nero e l'anchor-winch erutta catena a ritmo di un metro al secondo. La barca si ferma, poi l'invertitore la fa indietreggiare per controllare se l'àncora tiene: un fremito del pulpito a prua, la catena si tende e siamo fermi. Tiene. Seguono alcuni minuti in cui tutto sembra fermarsi, non solo la barca, e guardo attorno: le palme verdi, il vento leggero da lato sottovento non vince sui raggi solari ed il caldo si fa sentire, le lievi onde di superficie rumoreggiano appena a babordo, i colori del fondo del mare e delle coral-head, il sole splendente. Siamo arrivati, siamo ancorati. Uno sguardo più attento lo riservo verso la spiaggia, poco più sopra della sabbia, poco più sotto delle fronde da cocco tra gli obliqui ed alti fusti per capire se ci sono costruzioni e abitanti; niente di tutto questo ma noto che fanno bella mostra un paio di vecchie e grandi amache, 4-5 smunte boe arancioni e gialle, alcune vecchie cime a fare compagnia alle boe; un paio di vecchissime àncore tipo ammiragliato completamente arrugginite e semi insabbiate fungono da monumento alla navigazione. Qui ci arrivi soltanto in questo modo, cioè in barca a vela: in soli 15 giorni partendo dalle Hawaii (U.S.A.) da nord, o da Auckland (Nuova Zelanda) da sud. Niente strade, niente aeroporti, nessuna linea di navigazione passa per di quà. Sembra la perfetta isola di mister Robinson e scopriremo dopo che è stata proprio così fino a tempi recenti.
Riprendo coscienza di me ricordandomi che l'acqua non può attendere ulteriormente… ma invece si farà attendere fino all'indomani perchè gruppi di 4-8 squali di "soltanto" un metro e mezzo circa, nuotando attorno-attorno ci faranno desistere dal bagnarci. Poi si sà come vanno queste cose: incoscientemente uno entra in acqua, l'altro sta a guardare per vedere cosa succede, gli squali vanno via… e tutti dentro! Snorkeling per ore ed ore. Devo stare attento a non scordare che non sono un pesce, e nemmeno un anfibio, e ricordarmi invece di respirare ogni tanto! Indimenticabile sarà la camminata in mezzo metro d'acqua, aspettando il livello di marea giusto, seguendo la linea del reef con le onde dell'Oceano che si infrangono a pochi metri, fino alla Pidgeon Island poco distante: 1h ad andare ed 1h a tornare. Tanti bei pesci sott'acqua a cui non ho tirato l'arpione tanto erano belli. Al centro dell'isola una piccola casetta di legno, 3 piccole stanze soltanto, residuato della 2nd-World-War, da tempo è diventata una Cruisers-Book-Exchange one-for-one, ed una Tool-Exchange: commovente. Un'altra costruzione di pari materiale da costruzione, di due piani, ospitava fino a poco tempo fa una coppia che gestiva uno Yacht Club: incredibile; essendo tutto aperto e di libero accesso ora i naviganti che fanno sosta qui ci lasciano le bandiere del proprio Paese con le firme ed i saluti. Suwarrow ora è un parco protetto dove non si può più abitare. Suwarrow la percorri a piedi tutt'attorno in un paio di ore soltanto; esplorandola raccolgo una noce di cocco verde e con una punta ci faccio un buco da cui zampilla un dolce latte che mi disseta; la lascio a terra ed in 10 minuti arrivano i granchi a finirla. Raccolgo un'ulteriore noce, questa seccata dal sole e dal vento, ed in mezz'ora di dura fatica la apro con il machete fino ad ottenere solo il suo nucleo marrone e bianco lattiginoso che porterò con me per mangiarla, la sera come dessert assieme ai miei compagni di viaggio, sul Civetta II.

sabato 10 maggio 2014

Oggi Ho Qualcosa Da Fare


Non ci sono turni da fare in barca questa mattina, dormo fino all'alba fino a quando il sole mi abbaglia il viso svegliandomi.
"Vlado" - mi rivolgo al Capitano - "Avrei qualcosa da fare oggi, posso usare la cucina?" Ho un appuntamento che aspetto da un paio di settimane, le cose sono tutte pronte: farina, uova, burro, zucchero e marmellata. Posso fare con calma e metterci tutto l'amore e la passione che voglio; ce ne metto tanto di queste cose, gli ingredienti invece hanno il loro peso e le loro quantità predifinite. Ho una cosa molto buona da fare oggi. Ed impasto con le mani perchè viene meglio. Un po di farina in più così non appiccica. Accendo il forno a gas, la bombola è nuova. Tutto il tempo che ci vuole. Un po di riposo in frigo per l'impasto ed intanto mi concedo un tuffo nelle calde acque azzurre dell'Oceano di cui siamo circondati. Ho una cosa da fare oggi, una cosa importante.
Stendo l'impasto nella teglia appena imburrata e zuccherata, così la crostata di albicocche viene più buona. La crostata è un dolce buonissimo e facile ma devo stare attento a non carbonizzarla sotto come al solito, quindi dovrò cuocerla più lentamente, ci dedicherò tutto il tempo che ci vuole.
Riverso un barattolo intero e nuovo di marmellata sul dolce e la distribuisco con cura. Bucherello la pasta con una forchetta per evitare crateri in superficie durante la cottura. Le striscioline di pasta fanno la loro bella figura sulla superficie della marmellata ingabbiandola a dovere.
Ho da fare un bella cosa oggi e ci metterò tutta la precisione e la fantasia che ci vuole.
Qualche spennellata con l'albume e l'impasto verrà proprio dorato! La doratura conferisce importanza e ricchezza. Un bel dolce. Il forno è caldo ma non troppo, non devo bruciarla oggi. E via dentro. La sorveglio. Invece di trenta minuti la terrò dentro ben settantacinque di minuti di orologio, tutto il tempo che ci vuole. La controllo ogni seicento secondi: è bella! Spengo il forno e lo socchiudo per far circolare un po d'aria, lei è dentro a raffreddare ed intanto preparo le candele. Solo due candele: una con il numero 1 e l'altra con il numero 7. La crostata si raffredda ed io faccio un altro tuffo in mare. Tutto il tempo che ci vuole. La crostata è pronta, chiamo il Capitano e gli altri membri dell'equipaggio e ci raduniamo attorno al tavolo con la Crostata in centro, le candele sono accese. Tutto il tempo che ci vuole. E sarà la crostata più buona mai fatta. Oggi è il compleanno di mio figlio Paolo, 17 fantastici anni! Lui è il migliore!!  A U G U R I !!!

giovedì 8 maggio 2014

Domenica 11 inizia la 4a Tappa di 1460 Miglia


Dopo un mese e mezzo di pausa dall'ultima tappa del Pacifico orientale mancano ora solo pochi giorni alla partenza della prossima che, con un percorso che prevede due fermate brevi intermedie, ci proietterà decisamente verso la parte occidentale dell'oceano Pacifico cioè l'Australia! La terra dei Canguri sarà una meta importante per molti aspetti a cui tutti noi guardiamo con occhi da sognatori, per la quale però ci vorranno ancòra due mesi e mezzo. Rimaniamo per ora concentrati per domenica prossima: linea di start dall'isola di Bora-Bora poi 690 miglia per Suwarrow (isole Cooks) per prosegire per Niue, altre 540M, per poi tagliare il traguardo a Vava'u tra le isole Tonga dopo le finali 230M. Ultimi controlli all'attrezzatura: cambio olio e filtri al motore principale, al motore del canotto di servizio e al generatore elettrico diesel; pulizia e manutenzione al desalinizzatore (produttore di acqua dolce da bere, da quella salata del mare), controllo tenditura dei cavi d'acciaio (stralli), pulizia scafo sotto la linea di galleggiamento, sostituzione "zinchi" elica; verifiche al cordame (scotte, drizze), alle carrucole (bozzelli), alle vele, ecc. ecc. Diversi concorrenti, durante le tappe precedenti, hanno avuto degli inconvenienti abbastanza rilevanti che gli hanno fatto perdere giorni e giorni: un paio hanno scardinato il boma, diversi hanno avuto reti da pesca abbandonate impigliate al timone, all'elica o al bulbo, un paio hanno trovato e risolto ingressi d'acqua poco confortevoli nello scafo. Niente di drammatico per loro, meno male. Dal canto nostro possiamo segnalare l'intestazione a nuovo dello strallo di prua, un cavo d'acciaio di 8mm di diametro e circa 10m di lunghezza, per la parte in cima all'albero, lo strallo dove ci sta anche il genoa rollabile; un lavoro che siamo riusciti a fare all'àncora e senza dover sbarcare a terra: ci sono volute quattro persone di noi e mezza giornata di lavoro piuttosto impegnativo! Della probabile prossima rottura dello strallo in questione ce n'eravamo accorti verso la fine della 3a lunga tappa del Pacifico durante un ispezione in cima all'albero; come soluzione temporanea ci eravamo imposti di non usare più la vela di prua (genoa) per non mettere nuovamente sotto sforzo il cavo d'acciaio rompendolo del tutto con le conseguenze che ne sarebbero derivate; come alternativa abbiamo fatto largo uso di un piccolo gennaker che ci ha fatto proseguire la navigazione praticamente senza problemi e perdite di tempo alcune.
Un imbarcazione è composta da migliaia di componenti in continuo lavoro e stress e sotto le intemperie del mare e meteorologiche. Una verifica certosina aiuta a limitare le sorprese (anche se non ad eliminarle del tutto). Fino a prova contraria, quindi, siamo pronti alla nuova partenza!