mercoledì 30 luglio 2014

La Grande Barriera Corallina


Lasciamo l'indimenticabile isola di Tanna con il suo vulcano attivo e la sua popolazione indigena che come su una macchina del tempo ci ha rimandato indietro di migliaia di anni, e Port Vila del gruppo delle Isole Vanuatu (New Hebridies) per dirigersi verso Mackay in Australia; lo facciamo per primi partendo tre giorni in anticipo rispetto al gruppo principale delle altre imbarcazioni approfittando delle previsioni meteo favorevoli. Dovendo percorrere ben 1100 miglia, circa 9 giorni di navigazione, ci lasceremo un'ampia bassa pressione appena formatasi a sud della nostra rotta sperando di arrivare a destinazione prima che se ne formi un'altra. Di questa, come speravamo, ne subiremo gli effetti solo marginalmente con venti attorno ai 20-28 nodi e onde non più di 3-4 metri per un paio di giorni.
La sorpresa sarà, per noi che non ci siamo mai stati, la Grande Barriera Corallina che cinge un po tutta la costa orientale della terra dei canguri e dei coccodrilli, un immenso labirinto di terre semisommerse, isolette ed ostacoli alla navigazione che bisogna, ovviamente, assolutamente evitare.  Non bastassero gli ostacoli "fissi" c'è la reale possibilità di incontrarne anche di "mobili": le balene, meravigliose da vedere ma pericolose dovessero decidere di usare la nostra chiglia come grattaschiena…
Ci troveremo ad affrontare la Grande Barriera di notte. Ad aiutarci a districarci nel Labirinto saranno un paio di waypoint essenziali suggeriti dalla direzione del World ARC Rally, le mappe Navionics con il GPS ed il riscontro visivo con i fari ed i fanali, la segnaletica marittima con codifica internazionale di colori, scintillii e sequenze di lampeggi e pause, presenti nei punti chiave ad indicare ostacoli e passaggi. Un "videogame" da giocare in tempo reale (e non è affatto un modo di dire) di diverse decine di miglia, lungo una giornata intera. A farla breve, all'inizio troveremo una bella corrente a favore di 3-4 nodi che poi ritroveremo più avanti contro come pure il vento e le onde proprio in un paio di passaggi stretti da condividere con altre barche a vela ed alcune meganavi. Cavalcare le onde a mò di rodeo avanzando piano piano ad 1-2 nodi con manovrabilità e velocità limitata dalle condizioni meteo sperando di non avere guasti in questa situazione non ci ha fatto dormire molto profondamente. Abbiamo optato per turni notturni brevi di un'ora: 1h dormire ed 1h di timone e guardia, e così via fino al mattino seguente, Vlado ed io.
Arriveremo nel porto di Mackay il pomeriggio tardi seguente. La visione della terra ferma, il sapere che quella è la tanto sognata Australia ci ha riempito di gioia e anche di un po d'orgoglio. La bandiera blu con la costellazione della Croce del Sud sventola alta a fianco della sartia di dritta, via radio chiamiamo la direzione portuale per chiedere il permesso ad entrare, prepariamo i parabordi e le cime per l'ormeggio. Australia!!

In foto 'Andromeda V' dalla Spagna

domenica 27 luglio 2014

Picnic d'Estate (continuazione)


Ora mi sento tranquillo, incredibilmente tranquillo e rilassato. Il mio compito di padre, amico, uomo e tutto quello che volete nei suoi confronti in questo momento è concluso. So che lui, comunque vada a finire, se la caverà sicuramente.
Lo guardo ancora una volta, forse sarà l'ultima. Sorrido appena per cercare di trasmettergli tutta la tranquillità e la normalità possibile. E mi viene naturale farlo: nessuno sforzo, nessuna finzione.
Adesso però è il momento di pensare a me e di cercare di fare qualcosa, di inventare un modo per uscire da quella che oramai appare come un'inesorabile ed irrecuperabile situazione. L'acqua mi arriva alla gola. Un bel respiro e vado sotto acqua con il busto in avanti fino a toccare con le mani il fondo. La temperatura bassa dell'acqua non mi procura più brividi, il corpo e la mente hanno altro a cui pensare. In questa posizione, come non ho fatto a pensarci prima, non ne ho avuto il tempo, il peso sulle gambe, che stanno sprofondando sempre di più, diminuisce spostandosi sulle braccia. E' vero che così facendo le mani iniziano un po a loro volta a sprofondare nella fanghiglia morbida però uno spiraglio di possibilità lo intravedo. Riemergo dall'apnea prima che l'effetto ventosa si impadronisca anche delle mie braccia. Lui è ancora lì accovacciato a guardarmi e penso per un istante che non ha perso la speranza di vedermi uscire dall'acqua proprio lì accanto e non "da qualche altra parte" come poco prima ne avevo paventato la possibilità. Tra l'erba alta c'è un grosso ramo che ora vedo spuntare, e sperando sia libero da radici o da un tronco che gli impedirebbero di spostarlo gli chiedo: "Riesci a passarmi quel ramo?". Senza dire niente si alza in piedi e con le sue braccine afferra fortemente il ramo che in un primo momento appare opporgli resistenza ma che due secondi dopo cederà alla forza di quel corpo di bimbo ma deciso, inclinato a quarantacinque gradi, con i piedi puntati per terra, a quella forza più che sufficiente a spostarlo di un paio di metri verso di me. "Ecc... ecccoh, papi!" - esclama soddisfatto dopo la premiante fatica! E sarà premiante sì, eccome!! L'acqua ora mi sfiora il mento e non ho molto tempo. Tiro ulteriormente il ramo per liberarlo completamente dall'erba e da altri rametti secchi attorno, lo immergo senza indugi trasversalmente di fronte a me e rifaccio il movimento di prima sotto acqua ma questa volta le mani invece che sull'inconsistente fango le appoggio sul legno che data la sua superficie ed il suo peso specifico non sprofonda. Sposto quanto più peso del corpo possibile in avanti e tiro su le gambe ad una ad una come dovessi salire una scala a gradini; qualche centimetro alla volta ed ambedue escono da quella presa fangosa nel giro di pochi secondi e sono fuori! Che sospiro di sollievo! Che squadra che siamo noi due, io e mio figlio!!
I dettagli degli istanti seguenti non li rammento. Non saprei dirvi cosa dissi a commento della piccola ma grande avventura. Forse non dissi nulla o forse un giorno, ripensando e rivivendo nuovamente quei momenti me lo ricorderò. Lo rifeci salire a sedere sulle spalle per rifare il percorso inverso direzione biciclette affrontando di nuovo il guado ma questa volta qualche decina di metri più a valle dove il fondo del fiume è chiaramente ciottoloso e duro: "Non torniamo nel fango vero?" - gli domando ironicamente - "No, no, meglio di no!" - risponde prontamente sottolineando il "no" con un gesto con la mano. Ci concediamo un bagno nell'acqua fredda, trasparente e bella del Fiume per toglierci le ultime tracce del fango nerastro di dosso, il sole ci asciugherà quasi del tutto mentre percorriamo qualche centinaio di metri che ci separano dalle due bici. Per me un panino "S", per lui un panino "W", i würstel sono i suoi preferiti. E poi facciamo il bis di paninetti, e poi ci sono anche la mela e l'acqua da bere a rinfrescare la gola ed a completare quel bel picnic sul fiume di quella calda domenica di agosto. Che squadra che siamo noi due!

venerdì 25 luglio 2014

Quella Volta sul Fiume


Sono passati una dozzina o più di anni da quella domenica sul fiume ma ancora ricordo molto bene quasi tutto al punto da percepire gli occhi miei brillare ogni qual volta scavo nella memoria per rivivere quei indimenticabili istanti; di tanto in tanto ritorno nel passato, in quell'assolato giorno d'estate, alla ricerca di qualche nuovo dettaglio perduto da riporre assieme agli altri dettagli già ritrovati a ricomporre il bellissimo puzzle di quei momenti.
Una giornata come molte trascorse assieme a fare qualcosa di interessante, qualcosa di nuovo, come mi sarei aspettato facesse con me mio padre ma che invece mi ritrovo, seguendo il naturale ciclo della vita, a farlo io con mio figlio: un bimbo di quattro anni che già fin dalla nascita si è dimostrato capace di stupirmi positivamente sotto tantissimi punti di vista. Io padre a guidare lui per mano attraverso il sentiero della vita, a muovere i primi passi, e perchè no a fare le prime scoperte e le prime esperienze che il territorio circostante ci offre. Nel contempo lui figlio a darmi la possibilità, tenendomi la mano e dedicandomi il tempo necessario, usualmente con inaspettata pazienza ed attenzione, di trasmettergli quello che di più bello ho imparato. Ecco il Fiume.
Sono le ore più calde della giornata, il sole scotta. La gente ha appena finito di mangiare e perlopiù adesso se ne sta all'ombra sperando in qualche alito di vento a dargli refrigerio. Il fiume è un letto luminoso di bianchi ciottoli, di sassi arrotondati e di poca sabbia lungo le sponde ricche di vegetazione mista: pioppeti ad alto fusto, acacie e rovi spinosi, erba alta non tagliata. Dove dovrebbe esserci l'acqua a scorrere, nel mezzo, c'è qualche isoletta anch'essa molto verde. Di acqua in realtà ce n'è ma veramente poca e appena sufficiente ad arrivare ai fianchi di una persona alta come me, ora sotto la sponda destra, ora sotto la sponda sinistra. Nei periodi estivi con poca pioggia l'acqua scorre sotto la superficie ricomparendo di tanto in tanto sotto forma di trasparenti e fredde pozze dove qualche pesce trova rifugio e dove i ragazzi locali fanno chiassosamente il bagno esibendosi tuffandosi da improvvisati trampolini posti sull'argine. Siamo arrivati fin qui con le nostre biciclette, il bere ed il mangiare sono nello zainetto a spalla: due bottigliette d'acqua, due mele e sei paninetti già preparati e avvolti nella carta stagnola con ognuno una lettera ad indicarne il contenuto: "W" würstel, "S" salame e "T" tonno.
Penso di andare da una sponda all'altra traversando completamente il letto del fiume, per la prima parte a piedi con le bici a mano, poi lasciare le stesse nascoste nel boschetto di un'isola per proseguire magari guadando qualche bassa pozza che è sempre divertente e rinfrescante farlo. Così infatti facciamo. Abbiamo già passato alcuni rivoletti ed un paio di acque stagnanti quando ci mancano solo una decina di metri alla sponda destra e l'acqua si presenta un po più profonda e scura. "Ti va di salire a sedere sulle mie spalle?" - chiedo sapendo già la risposta - "Sì, dai!" - risponde. In questo modo, penso, affronteremo meglio l'ultimo pezzo. Entro dentro e cammino. Il livello mi arriva al bacino e sento che il fondo si presenta inaspettatamente morbido e scivoloso. Ancora qualche metro e siamo arrivati. I ciottoli dove appoggio i piedi non li sento più, sono sostituiti da circa mezzo metro di fango melmoso, argilloso. E' una ventosa da cui non mi libero e che mi fa fermare a soli due metri dalla sponda. L'acqua mi arriva al petto, lui dall'alto della sua posizione ha i piedi che la toccano un po. Sento che il mio peso sommato al suo ed allo zainetto mi fanno ulteriormente sprofondare piano piano. Ora l'acqua mi arriva quasi alle spalle. "Ti faccio andare sulla sponda, fai un bel salto, ok? - comunico. Lo alzo in piedi sulle mie spalle, si tiene in equilibrio tenendosi con le manine per la mia testa, poi gli appoggio le mani sul sederino per dargli una spinta migliore e fargli fare un salto per colmare quel metro che manca alla terra ferma. Così facciamo. Infine mi sfilo lo zainetto, apro la zip della tasca laterale e tiro fuori il telefonino. E' bagnato e non funziona più.
Lui ora è accovacciato sulla sponda, mi guarda e mi ascolta con attenzione come solo lui sa fare; anche adesso mi sta donando inconsapevolmente il suo tempo. Lo guardo ancora una volta: è bellissimo, lo è sempre stato con quel suo viso rilassato e tranquillo che solo un bimbo sa avere, in pace con il corpo e con il tempo, in piena salute come solo la natura sa dare se vuole. "Ascoltami" - dico, "Si?" - risponde, "Se mi vedi andare sotto acqua e non venirne fuori allora non ti devi preoccupare perchè cercherò di uscire da un'altra parte" - poi continuo - "Un po dietro di te c'è una stradina di campo, la prendi, vai verso destra e cammini, cammini fin quando non trovi qualcuno e gli dici come ti chiami e dove abiti così che ti porti a casa" - ricordo bene li dietro essercene una sterrata perchè ci venivo a pescare con mio fratello. "Si!" - ribadisce la sua attenzione con un solo, forse, appena accennato dubbio. "Ti ricordi dove abiti, l'indirizzo di casa, vero?" - e me lo ripete a memoria come fosse una poesia, senza errori. Ora mi sento tranquillo, incredibilmente tranquillo e rilassato. Il mio compito di padre, amico, uomo e tutto quello che volete nei suoi confronti in questo momento è concluso. So che lui, comunque vada a finire, se la caverà sicuramente. (continua...)

foto by Iano - fiume e mangrovie alle Isole Fiji

Incontro con gli abitanti di Tanna - Isole Vanuatu


domenica 13 luglio 2014

Dolce Donna alle Pendici del Vulcano di Tanna - Vanuatu


Australia, il Proseguo è per Pochi


Il tempo che passa miete la flotta del World ARC Rally. Su un totale di 40 imbarcazioni alla partenza da Saint Lucia (Centro America - Mare dei Caraibi), ora, dopo 10.000 miglia ed a circa metà percorso del giro del mondo in barca a vela, hanno anticipatamente comunicato il loro ritiro 15 iscritti. In realtà alcuni di loro avevano già da tempo programmato lo stop in Australia per concedersi una lunga pausa per poi riprendere il viaggio, questa almeno è la loro intenzione, l'anno successivo aggiungendosi al gruppo prossimo; in questo gioco di lascia e riprendi il Giro, si prevedono un paio di partecipanti dell'anno precedente che si aggiungeranno al gruppo attuale, in tutto quindi circa 25 irriducibili equipaggi intenzionati a proseguire fino alla fine delle 22.000 miglia del percorso completo.
Il Civetta II, la barca a vela slovacca di 15 metri del capt. Vladimir Porvaznik con il suo crew Marco Zonca, è tra quelle che al momento non intendono fermarsi e si proiettano come una delle poche che a breve salperanno l'àncora dal porto di Mackay in Australia per proseguire verso nord in Indonesia e poi, continuando la navigazione in Oceano Indiano, verso ovest in direzione Sud Africa, e così via con alcune tappe intermedie fino a raggiungere il Brasile per concludere il lungo viaggio in aprile 2015 nell'isola di Saint Lucia punto di partenza nel Centro America. Li aspettano mari molto impegnativi.
I motivi che spingono allo stop un così alto numero di imbarcazioni andrebbero ricercati principalmente in tre cose: budget di spesa, affiatamento - morale e comprensione dei ruoli tra la componente umana a bordo, tenacia e motivazione al completamento di un lungo viaggio. Le cosiddette "spese impreviste" per guasti e rotture all'attrezzatura si sono susseguite un po per tutti e non hanno risparmiato nemmeno la nostra barca: reintestazione dello strallo di prua, ricucitura della vela gennaker strappata (rotta nuovamente ora è proprio da cambiare), generatore elettrico diesel riparato, autopilota elettromeccanico riparato, radio VHF sostituita, motore del gommone riparato due volte, e molte altre cose minori di cui, comprenderete, non ho fatto un elenco dettagliato; quasi tutti i problemi sono stati risolti con manodopera e competenze tecnica a bordo, qualche volta tramite consulenze esterne via e-mail o via telefono satellitare, che ci hanno fatto senz'altro risparmiare molto tempo e denaro portando nel contempo morale e maggior sicurezza in noi stessi. Non ultimo per importanza, anzi, è da notare il sostanzioso balletto di cambio-scambio del personale a bordo che ha caratterizzato le soste nei porti e nelle baie nelle ultime settimane per molti. E' indiscutibile che stare assieme per tanti mesi, vivendo 24h al giorno in spazi ristretti con poca privacy ed a volte sotto stress, può mettere in risalto aspetti sconosciuti del proprio ed altrui "io" non sempre improntati al costruttivo ed al positivo.
Riferendosi al Giro del Mondo che stiamo facendo, il Capitano Vlado sostiene che in questo caso due metà non fanno un intero, che il viaggio è più gratificante iniziarlo e completarlo senza interruzioni sostanziali; tali affermazioni mi trovano, ancora una volta, completamente d'accordo con lui.
foto by Iano