domenica 27 luglio 2014

Picnic d'Estate (continuazione)


Ora mi sento tranquillo, incredibilmente tranquillo e rilassato. Il mio compito di padre, amico, uomo e tutto quello che volete nei suoi confronti in questo momento è concluso. So che lui, comunque vada a finire, se la caverà sicuramente.
Lo guardo ancora una volta, forse sarà l'ultima. Sorrido appena per cercare di trasmettergli tutta la tranquillità e la normalità possibile. E mi viene naturale farlo: nessuno sforzo, nessuna finzione.
Adesso però è il momento di pensare a me e di cercare di fare qualcosa, di inventare un modo per uscire da quella che oramai appare come un'inesorabile ed irrecuperabile situazione. L'acqua mi arriva alla gola. Un bel respiro e vado sotto acqua con il busto in avanti fino a toccare con le mani il fondo. La temperatura bassa dell'acqua non mi procura più brividi, il corpo e la mente hanno altro a cui pensare. In questa posizione, come non ho fatto a pensarci prima, non ne ho avuto il tempo, il peso sulle gambe, che stanno sprofondando sempre di più, diminuisce spostandosi sulle braccia. E' vero che così facendo le mani iniziano un po a loro volta a sprofondare nella fanghiglia morbida però uno spiraglio di possibilità lo intravedo. Riemergo dall'apnea prima che l'effetto ventosa si impadronisca anche delle mie braccia. Lui è ancora lì accovacciato a guardarmi e penso per un istante che non ha perso la speranza di vedermi uscire dall'acqua proprio lì accanto e non "da qualche altra parte" come poco prima ne avevo paventato la possibilità. Tra l'erba alta c'è un grosso ramo che ora vedo spuntare, e sperando sia libero da radici o da un tronco che gli impedirebbero di spostarlo gli chiedo: "Riesci a passarmi quel ramo?". Senza dire niente si alza in piedi e con le sue braccine afferra fortemente il ramo che in un primo momento appare opporgli resistenza ma che due secondi dopo cederà alla forza di quel corpo di bimbo ma deciso, inclinato a quarantacinque gradi, con i piedi puntati per terra, a quella forza più che sufficiente a spostarlo di un paio di metri verso di me. "Ecc... ecccoh, papi!" - esclama soddisfatto dopo la premiante fatica! E sarà premiante sì, eccome!! L'acqua ora mi sfiora il mento e non ho molto tempo. Tiro ulteriormente il ramo per liberarlo completamente dall'erba e da altri rametti secchi attorno, lo immergo senza indugi trasversalmente di fronte a me e rifaccio il movimento di prima sotto acqua ma questa volta le mani invece che sull'inconsistente fango le appoggio sul legno che data la sua superficie ed il suo peso specifico non sprofonda. Sposto quanto più peso del corpo possibile in avanti e tiro su le gambe ad una ad una come dovessi salire una scala a gradini; qualche centimetro alla volta ed ambedue escono da quella presa fangosa nel giro di pochi secondi e sono fuori! Che sospiro di sollievo! Che squadra che siamo noi due, io e mio figlio!!
I dettagli degli istanti seguenti non li rammento. Non saprei dirvi cosa dissi a commento della piccola ma grande avventura. Forse non dissi nulla o forse un giorno, ripensando e rivivendo nuovamente quei momenti me lo ricorderò. Lo rifeci salire a sedere sulle spalle per rifare il percorso inverso direzione biciclette affrontando di nuovo il guado ma questa volta qualche decina di metri più a valle dove il fondo del fiume è chiaramente ciottoloso e duro: "Non torniamo nel fango vero?" - gli domando ironicamente - "No, no, meglio di no!" - risponde prontamente sottolineando il "no" con un gesto con la mano. Ci concediamo un bagno nell'acqua fredda, trasparente e bella del Fiume per toglierci le ultime tracce del fango nerastro di dosso, il sole ci asciugherà quasi del tutto mentre percorriamo qualche centinaio di metri che ci separano dalle due bici. Per me un panino "S", per lui un panino "W", i würstel sono i suoi preferiti. E poi facciamo il bis di paninetti, e poi ci sono anche la mela e l'acqua da bere a rinfrescare la gola ed a completare quel bel picnic sul fiume di quella calda domenica di agosto. Che squadra che siamo noi due!

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