martedì 23 dicembre 2014

Auguri!

Cerco di pescare qualcosa per il pranzo di Natale ma non trovo nulla della taglia giusta... pesci TROPPO GRANDI! Che se li siano mangiati tutti? Comunque auguri per il nuovo anno. 
Torno presto :-D

domenica 21 dicembre 2014

Un Polacco di nome Tomasz Cichocki al suo 3° Tentativo!

Quando mi trovavo a Port Elizabeth ho notato una barca a vela tutta sponsorizzata e dal profilo "cattivo", roba da Oceanici insomma. Dopo giorni e giorni era ancora li ormeggiata al suo posto e ho deciso di guardarla meglio e di andare alla ricerca del suo proprietario: Capitan Cichocki, polacco al suo terzo tentativo di fare il giro del mondo, 300 giorni senza mai fermarsi e da solo, lungo la rotta sud (Atlantico, Oceano del Sud attorno all'Antartide, Atlantico nuovamente). Nato nel 1957 pensa di tentare per la prima volta nel 2002 ma quando passa per Gibilterra gli sequestrano la barca causa debiti... Ci riprova nel 2012 e questa volta va meglio, quasi meglio; appena passa il Capo di Buona Speranza in Sud Africa va in collisione con una balena, rompe il timone e purtroppo deve fermarsi per forza per ripararlo riuscendo ad entrare in qualche modo in porto, a Port Elizabeth...
Nel 2014 ci riprova, al suo 3° tentativo, pieno di buona volontà e di sponsor. Sarà la volta buona? Riparte dalla Francia, ripassa il Capo della volta scorsa affrontando una tremenda bassa pressione con venti di 70 nodi, e lui va avanti. Un'onda spaventosa però gli aggancerà la vela principale che gli piegherà l'albero, non molto, tanto da farlo rientrare nuovamente in porto per le riparazioni fermandolo per l'ennesima volta a... Port Elizabeth!! Si può essere più fortunati?
Fra qualche giorno dovrebbe arrivare il nuovo albero di ricambio via nave. In aereo, dice, l'albero non glielo volevano caricare: troppo lungo!
Buon vento Capitan Cichocki.

giovedì 18 dicembre 2014

Prigionieri Liberi



"Perchè quando hai capito che l'amore per il tuo sogno è tutto quello che veramente conta può capitare di sentirsi fuori posto. Ho sorriso al pensiero che, anche stavolta, quando mi trovo in un posto vorrei già trovarmi da un'altra parte. Perché, cari amici, questo è un po’ il senso dei viaggi che facciamo: una vita libera e avventurosa che non può essere richiusa in una valigia di ricordi. Lo sanno tutti quelli che immaginano, sognano, preparano, realizzano". 
Ho capito. Ho chiuso gli occhi ed ho capito. Anche questa volta chiudendo gli occhi ho visto meglio.
Anche il Comandante Vlado ha capito che era arrivato il mio momento, il momento del distacco, del bisogno di cambiamento. Ha capito che pur essendo a bordo mi trovavo già da un'altra parte, immerso nei miei pensieri rivolti a nuovi orizzonti. Ha capito che l'avventura del Giro assieme poteva continuare ma solo su un altro livello: quello della comprensione tra due persone che hanno vissuto 24h su 24h in pochi metri quadri per oltre tredici mesi per i Mari e per gli Oceani. Liberi ma Prigionieri. Ha capito che il Viaggio assieme ci rimarrà per sempre dentro, certe esperienze non si dimenticano. Grazie Comandante Vlado, Grazie Civetta II!!
Il mio Giro continua. Adoro questo Viaggio e mi piace la nuova Barca, il nuovo Comandante (canadese) e l'Equipaggio (scozzese). E' tutto nuovo, tutto da reimparare, tutto da ricominciare in una "casa" nuova. Le incognite ci sono come in ogni cambiamento ma l'impressione avuta dal colloquio con i miei nuovi futuri compagni di viaggio è stata ottima. I prossimi tre mesi a traversare l'Oceano Atlantico li trascorrerò a bordo del catamarano Free & BrEasy di 12 metri, modello Manta 40, capt. Roger e crew Michael!

In foto: Vlado e Marco, 20000 miglia assieme.

lunedì 15 dicembre 2014

Sorry Sul Lungomare



Il V&A Waterfront Marina a Cape Town è un posto piuttosto lussuoso. Siamo tutti ormeggiati qui, noi del World ARC Rally, con le nostre barche a vela. Tutto è pulito ed ordinato. Animazioni e band nelle piazzette, innumerevoli negozi per fare shopping, oro e diamanti, Ferrari, Aston Martin e Bugatti nei parcheggi. Passeggi per i vicoli e gli addetti della security in giacca e cravatta ti chiamano Sir. Anche al bar e nei ristoranti ti chiamano Sir. Una forma di cortesia verso il Cliente che ho sempre apprezzato in qualunque posto mi trovi. Io stesso al mio B&B chiamo "Signore" i Clienti. La schiavitù è un vecchio ricordo, l'apartheid invece è finito ufficialmente soltanto una ventina di anni fa, e due decenni non sono molti. Siamo in Sud Africa. Lo noti per strada, quando ti capita di incrociare un anziano o una persona di mezza età: tengono gli occhi abbassati e ti fanno passare. Io sono pur sempre un bianco. Vesto abitualmente sportivo coi miei pantaloni lunghi Adidas, vecchi compagni di avventura, scarpe da ginnastica nere e verdi fluo, maglietta Nord-Sails e felpa blu Nautilago col cappuccio. Qui il sole picchia veramente forte e nonostante il caldo la felpa la tengo su e pure il cappuccio per non scottarmi. C'è la brezza di mare a rinfrescare, ed oggi tira un vento da 20-30 nodi e gli schizzi dal frangi-flutti arrivano fino al pedonale lungomare. C'è parecchia gente che fa jogging. Credo di confondermi tra gli altri ma uno sorprendentemente mi si ferma ad un paio di metri e serio mi guarda negli occhi e mi chiede, in inglese ma con un'inflessione chiaramente afrikaans, se ho fame. Sorry?! (rispondo). Pensavo di non aver capito bene ma poi ripete la domanda scandendo meglio le parole: "Ha fame signore? Posso farle avere del cibo e da bere se è affamato e assetato".


martedì 9 dicembre 2014

Ho Letto uno Strano Libro

E tra i mille pensieri che mi scatenano i libri come questo mi è rimasta impigliata tra le dita una storia. Quella di Larry Walters.
Io non so se qualcuno di chi legge sa chi fosse Larry Walters. Beh, io ho cercato, rovistato il web, guardato le sue foto alla ricerca del perchè e del come. Della molla e delle molle.
Larry in verità si chiamava Lawrence Richard Walters e diventò famoso come “Il pilota della sedia da giardino” o “Larry Lawn Chair”. Larry non fu accettato in aeronautica perchè era miope. Larry però voleva volare. Larry era un camionista che passava tanto tempo a pensare seduto in giardino.
E pensava a come si può volare se non hai un brevetto. Larry nell’estate dell’82 mentre finisce la guerra delle Falkland, mentre si ritrova il corpo di Calvi sotto il ponte dei Black Friars a Londra e Israele invade il Libano… Larry… prende 45 palloni meteorologici… che ha comprato in un outlet di materiale militare… li riempie di elio… li attacca alla sua sedia a sdraio… porta con se un fucile ad aria compressa… una ricetrasmittente… Vola. Larry vola. Vola. Vola per 45 minuti. Sopra San Pedro in California… Sopra l'aeroporto di Long Beach… Sopra le piccole cose che ci preoccupano… Sopra le miserie e sopra le crisi… Sopra la pace e sopra la guerra… Sopra il “non puoi” e sopra ”è impossibile”. Soprattutto sopra tutto. Arriva a 1500 metri… Ed informa un radioamatore di non preoccuparsi… E di dire alle autorità che è tutto ok. Ed è tutto ok. Spara ai palloni. Uno alla volta. Ecco perchè ha un fucile. Giusto. Scende e scende male. Sopra ai fili della corrente. Ma scende e non si fa nulla.
Ha volato. Sulla sua sedia. Ha volato sopra i pregiudizi e le difficoltà. Nonostante tutto e nonostante tutti. Con i suoi occhiali e la sua miopia. Ha vinto lui, ha vinto la sua sedia a sdraio. Una volta per tutte. Una volta sola volerà più in alto. 11 Anni dopo Larry vola di nuovo e per sempre. Vola da solo, perchè non è facile rientrare nelle file dopo che hai fatto il salto. Dopo che hai capito che puoi volare sulla tua sedia senza ascoltare il brusio dei senza-dio e senza-speranza. Dopo che hai capito che quello che ci vuole è l’amore per il tuo sogno. Dopo avere capito tutto questo può capitare di sentirsi fuori posto. Non è bello, ma posso, se non giustificare, almeno comprendere lo smarrimento di chi ha fatto quello che doveva. Quello che voleva.
Beh, a me la storia di Larry piace. Mi piace la sua foto in bianco e nero, seduto sulla sua sedia, che volteggia a mezz’aria. Come chi ha già staccato la spina dalle miserie umane.
Buon volo Larry.

[Sebastiano Zanolli - La Grande Differenza]

sabato 6 dicembre 2014

Benvenuti a Cape Town: la Vista dal Table Mountain è Magnifica


Ci aspettavamo draghi, olandesi volanti, squali bianchi, moby dick, calamari giganti, orche assassine e pure il megalodonte; non di meno potevamo trovare venti di burrasca, onde anomale, correnti impossibili, iceberg inevitabili e nebbie da affettare. Invece il Re Nettuno ha deciso, dalle profondità più buie ed irraggiungibili dei 5 Oceani, di concederci questa volta una navigazione confortevole e di poter guardare Cape Agulhas, un po tra la foschia mattutina, con riverenza, rispetto e timore ma con molto meno ansia della vigilia.
E' mattino presto e ci accingiamo ad entrare nel Porto. Due ponti pedonali ci vengono alzati per farci passare, i nostri amici di American Spirit ci segnalano con le pile il nostro posto lungo la banchina dove ormeggiare: sono le 03:50h ed ora possiamo dire che l'Oceano Indiano ed i mesi trascorsi in esso sono stati piuttosto faticosi ma che ce l'abbiamo fatta!



giovedì 27 novembre 2014

Le Sette Stazioni del Calvario Agulhas


Gira e rigira quando si è fermi nei porti vuol dire che la barca è rotta (o si è rotto il proprietario) oppure la meteo è proibitiva. Appena entrati in questo grande Paese ci hanno subito indottrinato per bene: scordatevi come avete navigato durante i 10 mesi precedenti, qui il film è diverso, le prossime 900 miglia fino a Cape Town ve le dovrete fare passo-passo, uno scalino alla volta, porto per porto. E non si scherza. E così dopo Richards Bay abbiamo veleggiato a Durban, poi ci doveva toccare East London che però siamo riusciti a saltare grazie alla benevolenza barometrica. Ora siamo a Port Elizabeth e se tutto va secondo i piani domani proseguiremo per Mossel Bay. Alla fine dovremmo fare rotta sulla Capitale salvo un'altra Stazione intermedia.
B.Moitessier ha scritto: "La vela è una religione… ha i suoi riti. Se fa bello, fa bello. Se c’è vento, c’è vento. E se non c’è vento, si aspetta, si sorveglia. Hai fame, mangi. Hai sete, bevi. Ti prende sonno, dormi. E’ una scuola di pazienza".
Vlado e Jack si sono presi una pausa in un resort sauna-safaristico ed io sono rimasto, volontario, a tener d'occhio la barca. Questa mattina pure io mi sono concesso la libertà di una bella passeggiata sotto il sole cocente lungo Cape Recife, parco naturale dove sorge un bel Faro: lieve e piacevole brezza, silenzio a tratti, uccelli che cantano, le lunghe onde in lontananza si infrangono sulla costa. Qui ha sede il centro di riabilitazione per il Pinguino Sud Africano; la vicina Isola St.Croix ne conta 22.000 circa, una delle popolazioni più numerose di pinguini del mondo. Gli lavano, li curano, gli danno da mangiare, e dopo un paio di settimane quando sono di nuovo in forma li liberano in mare e loro ritornano nel loro luogo natio. Animali simpatici che non mostrano paura dell'uomo (a parte qualche beccata se vi avvicinate troppo).
Ora il vento ha ripreso a soffiare dall'altro lato a 35 nodi. La polvere di carbone è dappertutto. Non vedo l'ora di andarmene da questo porto. Una pausa però ci voleva dopo due notti a sorvegliare le cime d'ormeggio, ben 12 ne ho messo, a cercare di tenere al suo posto, riuscendoci, il Civetta II che ballava scimmiottando la banchina galleggiante e le altre barche attorno sotto l'infuriare del vento e delle onde. Un vecchio, minaccioso e pesante peschereccio abbandonato proprio a poppa della nostra ha spaccato una sua bitta, poi una seconda, poi la terza ha retto. E chi dorme!

sabato 15 novembre 2014

Felicemente al Riparo in Porto


Il fronte è arrivato. 180° di salto di vento in pochi secondi, 50 nodi o più, ma siamo felicemente ancorati in porto al Zululand Yacht Club in attesa che passi sorseggiando un thè caldo: il sartiame fischia, il vento ruggisce.

martedì 11 novembre 2014

Dal Madagascar al Sud Africa un Mare di Correnti


Eh sì, siamo arrivati in Africa! La foschia e la leggera pioggerella, il cielo grigio plumbeo, le trentina di grandi navi cargo ancorate non distanti dalla costa non hanno reso giustizia alla visione, finalmente, del reale profilo sottile e colorato della terra di questo continente. La zona è battuta da frequenti ed improvvise basse pressioni; al nostro arrivo la precedente è passata, e la prossima è alle porte. Un po di fortuna non guasta, e nemmeno l'uso anche esagerato del motore per cercare di centrare la finestra ed entrare con questa meteo grigia sì ma che ci ha consentito un ragionevole e meritato relax anticipato.
Le correnti marine vanno di qua e di la, serpenti d'acqua che si snodano seguendo una logica imperscrutabile. Ci abbiamo convissuto per dodici giorni e 1450 miglia lungo questo tratto di Oceano Indiano e tutti gli equipaggi da me interpellati non lo rifarebbero, almeno non di certo nei prossimi 10 anni, diciamo. La corrente in se stessa non è poi così male: se va nella tua direzione allora vai più veloce, se è contraria allora rallenti l'andatura anche di molto, anche a fermarti sul posto. Il problema è la corrente in combinazione con il vento: se i due fenomeni hanno direzione opposta allora il mare, cioè le onde, prende un aspetto poco confortante proporzionalmente allo loro forza. Tanto vento con tanta corrente, si balla alla grande! Ma le mostruose onde da 10-20 metri ci hanno risparmiato fino ad ora.
Il presidente del Zululand Yacht Club di Richards Bay ci accoglie all'ingresso del porto e ci guida fino all'ormeggio, accostiamo, le cime fermano la nostra barca nel punto giusto. Poi il presidente ci informa sulla prima regola del Club: bere una bottiglia di vino bianco locale, in compagnia, prima di scendere a terra! E alle 07:00 di mattina certe regole vanno rispettate soprattutto se è il presidente in persona a passare la bottiglia!

In foto: screenshot dal sito earth.nullschool.net (correnti marine)


A Port-Louis - Mauritius la Pioggia è una Festa


giovedì 30 ottobre 2014

La Tappa Innominabile




Siamo pronti per la partenza della tappa numero 14. In realtà la precedente era la 12 ma per scaramanzia tutta "British" hanno voluto evitare il numero successivo che lascio a voi scoprire quale. Non sono molto scaramantico ma certe parole non vanno dette e nemmeno scritte, al limite si possono solo pensare.
Abbiamo cambiato le scotte con delle nuove, fatto gasolio, olio e filtri motore a posto, il pieno di acqua potabile, il pieno del frigorifero con la roba da mangiare, sigarette e rum quanto basta, ponte lavato, pozzetto lavato, vetri lavati, lavanderia a posto, batterie al massimo voltaggio e skipper-briefing finito. La rotta approssimativa è tracciata: diretti a sud-sud-ovest per 200Nm ad evitare il Madagascar e le sue correnti marine, poi verso ovest in direzione Richards Bay - Sud Africa. Stasera Halloween Party qui in Port Ouest, ma credo si parlerà soprattutto di basse pressioni e onde. Un bicchiere di partecipazione conviviale e poi in branda: domattina salpiamo l'àncora!

In foto: Celebrate (USA) e Chika Lù (GER)


martedì 28 ottobre 2014

Verdi Prati

Un uomo, un militare, ha il suo turno di guardia lungo l'interminabile Confine. Fa il suo lavoro col fucile in mano, avanti ed indietro, durante una bella giornata di primavera: il sole splende, la natura sta rinascendo dopo il lungo e freddo inverno. Ad un tratto sente il bisogno d'andare in bagno e, perchè no, decide di uscire dal suo monotono sentiero per andare a farla nel vicino bosco a poche decine di metri a lato.
Dal di dentro, dalle viscere del militare accovacciato, esce una testolina piccola-piccola di verme solitario: si affaccia quindi sul mondo esterno e si guarda attorno, poi chiede a sua mamma ancora ben rintanata all'interno: Mamma, cos'è tutta questa luce e questo calore che sprigiona quel disco? - lei risponde: Il Sole - Poi il piccolo continua: Ma è bellissimo! E quest'altra cosa verde dal fresco profumo che non ho mai visto, cos'è? - replica lei: L'Erba mio caro, è la nuova e fresca erba di primavera - E lui ancora: E' proprio fantastica l'Erba verde di primavera! E quella cosa che salta e corre laggiù come si chiama? - lei di nuovo: Si chiama Capriolo, un animale che vive nei boschi - Poi lui, instancabile, ritorna: Un Capriolo? Ma è proprio bello e simpatico! Guarda come salta, guarda che veloce! Infine, curioso, il vermetto chiede: ma mamma, scusa, là fuori ci sono molte cose belle, profumate, colorate e con tanta vita; perchè noi, invece, stiamo chiusi qui dentro sempre al buio, nell'umido, nella puzza più immonda e senza possibilità di muoverci più di tanto? Perchè? - e lei, laconica e rassegnata, risponde: perchè questa è la nostra Madre Patria.

Foto: periferia di Dempasar, Bali - Indonesia

domenica 26 ottobre 2014

Tra Magia e Scienza: il Sestante


Sono sempre stato affascinato da questo strumento. Vederlo usare da qualcuno sembra stia facendo una magia o stia scrutando il futuro come i veggenti dicono fare con la sfera di cristallo. E' uno strumento di precisione, anche delicato e fragile, e maneggiarlo la prima volta mette un po in imbarazzo perchè non si sa da che parte prenderlo. Lo si impugna per la maniglia, ne ha una, con una mano mentre con l'altra si azionano le sue parti mobili. E' formato da una scala graduata in "gradi", una manopola per la scala fine graduata in "minuti", un monocolo, due specchietti, alcuni filtri di diverso colore per la luce. La prima cosa da fare prima del suo uso è quella di azzerarlo e calibrarlo: portare a "zero" sia la scala dei gradi (alidada) sia la manopola dei minuti, poi guardare dentro il monocolo e mettere a fuoco, puntare un oggetto a slancio verticale (l'albero della barca) e regolare il primo specchietto affinchè l'immagine non risulti sdoppiata, poi bisogna fare la stessa cosa con l'orizzonte ma regolando il secondo specchietto.
A questo punto si è pronti per usarlo. A cosa serve il sestante quasi mi scordavo di dirlo… serve a misurare l'altezza del sole, il suo angolo in gradi e minuti (ma lo si può fare anche con la luna e le stelle) rispetto all'orizzonte. Effettuando due di queste misure a distanza l'una dall'altra di un paio di ore, abbinate ad un orologio preciso e a delle tabelle di dati (effemeridi), dopo adeguati e per certi versi complicati calcoli matematici si è in grado di avere come risultato la posizione, latitudine e longitudine, del luogo da dove si è fatta la misurazione. La precisione è abbastanza bassa se la confrontiamo ad un qualsiasi GPS (6-8Km rispetto a 2-10 metri…) ma navigando in oceano aperto 3-4 miglia non sono molte ed è accettabile; di certo non è da usare nel traffico cittadino o lungo un sentiero montano! E' uno strumento romantico ed affascinante. Imparare ad usarlo rende felici ed arricchisce lo spirito. Un giorno me ne comprerò uno perchè è bello possederlo, è bello aprire il cofanetto in cui è custodito, è bello maneggiarlo, calibrarlo ed entrare in intimità con gli astri, è bello fare e rifare la magia dei calcoli matematici.
Ma il sestante è scienza, e approfondendone l'argomento potreste anche rimanere spaventati per la complessità teorica che ci gira attorno tanto da farvi desistere dal continuare.
Ora impugnate lo strumento, abbassate il filtro colore arancio dal primo gruppo di filtri (per l'orizzonte), poi dal secondo gruppo abbassate i filtri blu e arancio (per il sole) così non rimarrete abbagliati dalla sua forte luce; puntatelo verso l'astro e guardando dentro il monocolo agite sull'alidada per far "scendere il sole" fino a quasi toccare l'orizzonte; il gioco degli specchi combinerà le due immagini e vedrete l'orizzonte arancione ed il disco del sole bello verde.
Per terminare la misurazione girate la manopola fine dei minuti a far collimare la base del disco del sole con la linea dell'orizzonte e poi subito-subito prendete nota dell'ora (ore, minuti e secondi) utilizzando l'orologio UTC preciso al secondo. Se tardate anche di qualche secondo la misura, ovviamente, risulterà meno precisa. E non crediate che il sole sia lento! Lui corre a circa 1800Km/h… anzi, siamo Noi sulla Terra che ci muoviamo a tale velocità attorno al sole… dicono…!

Foto: il Paradiso di Suvarrow (Cook Islands)

giovedì 23 ottobre 2014

Ci Vediamo in Sud Africa, Terra di Leoni

Se volete provare emozioni forti in uno dei passaggi potenzialmente più difficili e pericolosi di tutti i mari della Terra allora tenterete di passare Capo Horn (Sud America) o Cape Agulhas (Sud Africa). Fu il re Giovanni II di Portogallo a ribattezzare il Capo delle Tempeste in Cape of Good Hope (Capo di Buona Speranza) in Sud Africa che con la corrente di Agulhas che incontra la piattaforma continentale ed una eventuale contemporanea bassa pressione in zona, e le nebbie, formano un mix esplosivo per le imbarcazioni di tutte le stazze comprese le supernavi più grandi.  Al momento l'unica alternativa per chi proviene dall'Oriente per recarsi in Mediterraneo o in Atlantico è quella di passare più a nord per il Canale di Suez ma la situazione politica in quell'area fa desistere chiunque da tale opzione.
"Capo Agulhas, al pari del suo omologo capo di Buona Speranza, è noto per essere un cimitero di navi (anche la costa degli Scheletri in Namibia, a Nord del Sudafrica è molto pericolosa per la navigazione). La zona è ricca di resti di naufragi (un interessante museo sui naufragi si trova a Bredasdorp: "Bredasdorp Shipwreck Museum"). La presenza frequente di nebbie, di correnti mutevoli e di scogli rendono pericolosa la navigazione. A causa dell'incontro delle correnti, le acque di fronte al capo tendono a essere agitate e violente, soprattutto in inverno, con onde anomale che possono raggiungere i 30 metri di altezza. Inoltre, spesso, i venti arrivano ad una velocità di 120 – 150 km/h. e non sono rari gli iceberg alla deriva."
Nonostante tutto queste funeste premesse, le esperienze di chi vive e lavora in zona, nonchè decenni (per non dire secoli) di precedenti passaggi, hanno formulato dei comportamenti da tenere e dei fenomeni da osservare in mare durante il passaggio in questo tratto di Oceano per abbassare il livello di rischio il più possibile e garantirsi, diciamo così, una migliore possibilità di arrivare a destinazione senza subire la furia degli eventi.
Prima di lasciare Port Louis abbiamo ricevuto benedizioni multiple dai rappresentanti della Chiesa Anglicana, Indù, Musulmana e Buddista!
La nostra flotta di 21 imbarcazioni a vela, World ARC Rally, si trova ora a est del Madagascar a Mauritius e poi si sposterà a La Reunion, per proseguire verso Durban e così via fino a Cape Town dove prevediamo di arrivare tra 30/40 giorni. Dall'altra parte del Continente Africano lato ovest, in contemporanea, la flotta di 7 barche a vela "Formula Uno dei Mari" partecipanti alla Volvo Ocean Race sta percorrendo l'Oceano Atlantico con la stessa destinazione nostra quale arrivo della prima tappa. A bordo di Alvimedica c'è il compaesano mio amico Alberto Bolzan, vero Campione ed eccezionale Uomo, unico atleta italiano a prender parte a questa edizione 2014/2015; ci siamo dati appuntamento per il pranzo di Natale a Cape Town, sarà emozionante rincontrarsi dopo un anno così lontani da casa!
E se decidete di venirci a trovare nella Terra dei Leoni, fate un fischio… Ci vediamo presto!!

(Photo by: © Amory Ross / Team Alvimedica)

domenica 19 ottobre 2014

L'Indiano a Suon di Nodi



Il Mare lo si rispetta sempre, l'Oceano lo si rispetta e lo si teme sempre. Le statistiche e le descrizioni di questa traversata di 2400 miglia prevedono come standard 16-20 giorni circa di navigazione procedendo verso sud-ovest con venti a favore o al massimo al traverso di una ventina di nodi; tempo nuvoloso a tratti con qualche pioggia e onda di 3-4 metri; aggiungono anche una probabile onda aggiuntiva, "fastidiosamente" proveniente da sud dalla zona Antartica. Pare non ci siano particolari differenze tra il tenere una rotta ad arco tendente al sud o al nord, dipende solo se si vuole andare più veloci tenendosi un po a nord dove ci sono alcune basse pressioni o avere un'andatura più da alta pressione andando più a sud. Per non sbagliare ci siamo tenuti nel mezzo. Confermo l'onda "fastidiosa" che dopo 10 giorni assieme a 24-34 nodi di vento ha iniziato a farsi sentire e personalmente mi ha preso gli addominali. Non sono stato male assolutamente ma credo che 25 anni di parapendio dove cerchi di compensare col bacino ogni minimo movimento aereo dell'ala abbiano insegnato al mio cervello di compensare anche il rollio dovuto al mare… ma potete immaginare che dopo 10 giorni in queste condizioni qualcosa cede… Ma poi tutto si è un po livellato, tutto è passato e al nostro arrivo a Port Louis (Is. Mauritius) c'erano molti ad accoglierci con sorrisi ed abbracci, frutta, sigarette e rum! Brindiamo e riposiamo, il vero duro arriverà le prossime settimane quando punteremo l'Africa a completare la traversata Indiana per giungere a Durban, Cape Agulhas ed infine Cape Town.

domenica 28 settembre 2014

Il Prezzo del Semplice



In alcune isole del Pacifico ci sono popolazioni che pescano, raccolgono e costruiscono assieme per la comunità intera. Tutti contribuiscono per quanto possono: i bambini giocano ed imparano, gli anziani accudiscono ed insegnano. Il lavoro come fine per l'accumulo di ricchezza a scopi personali non esiste; esiste l'accumulo di risorse quale riserva strategica per la comunità, ma non sempre. E' un organizzazione semplice e questo ha i suoi pro ed i suoi contro. I pro sono che vivi semplicemente, i contro è che altrettanto semplicemente muori...

(in foto: Onda da Surf - Cocos Keeling Island (AUS))


venerdì 26 settembre 2014

Il Pilota Automatico a Vento: Windpilot

E' uno strano oggetto di alluminio, dalla struttura solida e completamente meccanico: niente elettronica e niente CPU, nemmeno motori a scoppio, pertanto non assorbe corrente elettrica e nemmeno carburante. Non richiede neanche energia solare e tantomeno quella nucleare. Di tanto in tanto si possono poggiare delle gocce di lubrificante nei punti di maggior frizione e volendo gli potete rivolgere belle parole d'amore per ringraziarlo dell'instancabile servizio è capace di fornire alla vostra barca a vela in mezzo al mare. 
Ha una finestra di funzionamento piuttosto ampia per cui si riesce ad utilizzarlo anche per giorni interi durante i quali, se necessario, lo potete regolare per meglio stare in rotta se il vento cambia direzione. Se la meteo è stabile e non vi curate di variazioni di prua di 10-15 gradi, e non vi mettono ansia le vele non perfettamente a segno, Windpilot timonerà la barca tutto da solo lasciandovi il tempo per stare sotto lo spray-hood al riparo dal sole, pioggia e mare appunto. Il vostro watching sarà inoltre più accurato durante il turno di notte perchè gli occhi li terrete puntati all'orizzonte tutt'attorno e non sulla bussola. Sul Civetta II noi lo mettiamo in azione appena possibile, spesso già alcune ore dopo la partenza per una nuova tappa quando oramai siamo in mare aperto e non abbiamo altre imbarcazioni attorno a breve distanza. Lo usiamo con venti di traverso, lasco, granlasco e di poppa. Avendo uno spray-hood grande che arriva fino a dietro il pozzetto, e Windpilot è installato sullo specchio di poppa appena 50 centimetri lì dietro ad esso, con venti di bolina il flusso aereo risulta disturbato imprimendogli instabilità quindi preferiamo staccarlo in tale situazione. Dalla mia esperienza Windpilot fa fare alla prua un'andatura leggermente ondulatoria, ora a dritta per un paio di minuti, ora a sinistra per altrettanto minuti; se avete regolato le vele perfettamente a segno allora rimarrete delusi perchè Windpilot vi risulterà dispettoso "costringendovi" a prendere voi il timone in mano se vorrete avere un andatura più precisa; ma in Oceano i tell-tail non sono di primaria importanza per chi vuole semplicemente navigare e non bada a mezzo nodo di velocità in più o in meno; al più si dovranno sopportare saltuari sventolamenti della tela al vento.
Nel web si trovano libri interi sulla storia e sulla teoria dei vari tipi di timoni a vento in costruzione fin dal secolo scorso, e non sto qui di certo io a scrivere cose nuove e rivoluzionarie, o a riportarne i lunghi e approfonditi testi, per cui vi rimando, per una loro descrizione più dettagliata, a tali letture. Avrete così la possibilità di confrontarne alcuni tipi ogn'uno con un loro modo di funzionamento, con i pregi ed i difetti riscontrati durante l'uso in diverse situazioni. 
Desidero però tentare di spiegare come funziona a grandi linee il Windpilot. Una tavoletta di legno leggero dai bordi arrotondati, dello spessore di 3-4 millimetri, larga 20 cm, alta 70 cm, posta verticalmente ed un po inclinata, chiamata pala o alettone, di taglio nella direzione del vento, funge da sensore del fluido aereo. Quando il vento, o la barca, cambia di direzione allora l'incidenza del vento sulla pala cambia di conseguenza spingendo la stessa di lato; questo movimento laterale di leva fa sollevare una sottile asta che termina con un ingranaggio che aziona un piccolo timone immerso in acqua facendolo variare proporzionalmente di incidenza nel liquido. Il piccolo timone basculante si muoverà quindi deciso e con forza trasferendo il suo movimento amplificato di leva, con un sistema di cavi tessili e bozzelli, alla ruota del timone che correggerà la variazione in direzione opposta riportando la barca nella direzione impostata (o più esattamente la riporterà nell'angolo impostato rispetto al vento); la pala riceverà nuovamente il vento di taglio e tutto si riporta in posizione neutra in attesa della prossima variazione. Silenzioso, instancabile e sorprendente, Windpilot è un'attrezzatura che senz'altro acquisterei per la mia barca a vela.

(foto: "Due Secondi al Sunset" in Oceano Indiano)

martedì 23 settembre 2014

Abbiamo Vinto la 9a Tappa!




E' appena terminata la decima tappa che ha visto ventidue barche a vela (su 40 totali presenti alla partenza il gennaio scorso), partecipanti al World ARC Rally 2014/2015, solcare parte dell'Oceano Indiano da Bali alle isole Christmas e Cocos-Keeling. Da poche ore siamo all'àncora ed il vento nemmeno qui ci risparmia il suo soffiare insistente: 20-30 nodi (36-54km/h). Ma stanotte potremo riposare come si deve, certi di aver fatto anche questa volta un buon lavoro. E' indiscutibile che le vittorie portano morale e quello nostro è alto: abbiamo vinto, 1° posto nella nostra categoria, la tappa precedente da Darwin (Australia) a Bali (Indonesia) di oltre 1000 miglia (1800Km) per un totale di circa 7 giorni. Quale sia stata la chiave vincente, quale il cambio di marcia rispetto alle "leg" precedenti, in cosa abbiamo migliorato non ci è ancora perfettamente chiaro ma una cosa è certa: abbiamo navigato bene e sicuramente meglio degli altri!

(in foto la barca italiana "Festina Lente")

sabato 13 settembre 2014

Miti Culinari da Infrangere


Dicono che odora come l'inferno ed ha il sapore del paradiso. E' vietato trasportarlo nei bus e nei luoghi pubblici... Ho mangiato il durian, un frutto particolare.
Effettivamente ha un profumo forte che si sente a dieci metri ma è simile al melone e non lo trovo così pessimo com dicono. Il sapore e la consistenza sono unici forse, ne ho mangiato metà, e bisogna considerare che è grande come un melone. Nessun effetto collaterale al momento. Michael ne ha assaggiato un pezzo e quasi vomitava. Mi ero ripromesso di mangiarne l'altra metà per colazione il mattino seguente ma non l'ho fatto. Penso che sia un frutto da mangiare in compagnia o un pezzo al mercato facendo la spesa; non è certo una cosa da tenere a casa e nel frigo! "...la consistenza cremosa del frutto maturo fa in modo che la polpa raggiunga ogni singola papilla gustativa della lingua scatenando una vasta gamma di sensazioni: un misto di dolce vanigliato, come di una crema di mandorle mescolata a del formaggio a pasta molle a metà fra il mascarpone e il blue cheese, con una punta di pungente retrogusto, tipo di cipolla, davvero difficile da descrivere a parole e di certo inusuale."

Poi ho infranto un'altro mito culinario: il caffè che io chiamo "caccaffè". E' quello mangiato, digerito ed... espulso da certi animali della foresta che sono attratti dalla polpa dei suoi frutti ma che non digeriscono i suoi due semi all'interno, i due chicchi di caffè appunto. Si raccolgono gli escrementi di questa specie di gatti selvatici, si puliscono e poi gli si fa fare il ciclo di tostatura dei chicchi di caffè. Dopo una fase di distillazione, quindi non attraverso la percolazione, si ottiene questo speciale ed energetico caffè che, ovviamente, costa molto in confronto al caffè usuale (4 EUR la tazzina)!

venerdì 12 settembre 2014

L'Oriente passando per l'Occidente


Sono nato negli anni sessanta a pochissima distanza dal confine di quella che veniva chiamata l'Europa dell'Est, di quà della Cortina di Ferro: sono nato in Occidente. A quel tempo mi insegnavano che di là c'era "il male" e di quà invece c'era il "bene", la libertà, il progresso e tutte le migliori possibilità e dove c'erano, nel passato e nel presente, i migliori uomini di scienza ed arte. Molti anni dopo, quell'idea, quel confine ideato dall'uomo cadrà e scoprirò pian piano che ci avevano raccontato un sacco di bugie: tra le tante la più buffa è stata quella che in Italia il cielo è di un bel colore azzurro vivo come in nessun altro posto. Scoprirò che al di là del ponte c'è gente comune che affronta la realtà quotidiana ne più ne meno come l'affronto io. Scoprirò inoltre che il Mondo è veramente grande ed è abitato da tantissime popolazioni diverse ed interessanti che hanno molte idee e modi di vivere fantastici, con capacità creative e manuali eccellenti. Alle volte mi assale un velata ansia pensando che il "male", forse, era più di quà che di là, e se questo non è riscontrabile in tempi recenti molto probabilmente lo era in tempi un po più remoti, e la mia ansia passeggera è così motivata.
La traversata delle Alpi a piedi e volando, la discesa del Fiume Po in canoa a remi, il giro del Mondo in barca a vela e gli altri viaggi in diverse parti a diverse latitudini e longitudini per mari, per monti, per valli e pianure, per boschi e per deserti, mi hanno fatto scoprire e mi stanno facendo capire che da semplici viaggi attraverso luoghi si sono trasformati in ancor più interessanti viaggi tra le genti. E c'è molto ancora da scoprire.
Ho attraversato tutto l'Occidente partendo da qui dietro casa mia ed ora sono giunto in Oriente: l'Indonesia. Devo aver letto da qualche parte che il numero dei suoi abitanti si aggira sui 1,7 miliardi, cioè circa un quarto di tutta la popolazione del globo terracqueo. Impressionante. Il poco tempo a mia disposizione lo spendo per immergermi tra la popolazione per le strade e non posso non ammirare lo straripante artigianato, la manualità, la finezza e la pazienza nella lavorazione del legno e della pietra, per non parlare di quella dell'argento. E' da rimanere senza fiato. E c'è ancora molto da scoprire.

venerdì 29 agosto 2014

Prossima Destinazione: Indonesia


A breve si riparte, prossima destinazione Indonesia. Metà percorso del giro del mondo è stato completato e sono trascorsi "appena" otto mesi. Il tempo passa ed a guardarlo davanti sembra più breve che non a guardarlo indietro, e non si può certo dire che da ora in poi sia in discesa, anzi! Ci aspetta ora l'Oceano Indiano che nella sua parte finale, tra il Madagascar ed il Sud Africa, che contiamo di raggiungere verso fine anno, ci riserverà una delle zone più temute dai naviganti di tutto il Mondo: Capo Agulhas.

giovedì 28 agosto 2014

Lo stretto di Torres col bel vento, col bel sole, col bel mare... un bell'andare!


Un Tuffo nel Caos (continuazione)


Qualcuno sul Civetta II potrebbe giurare di aver visto, a quel punto, un uomo dalla corporatura longilinea tuffarsi in mare in quel caos di acqua ribollente di frenesia, di fame, di sangue, di brandelli e liquido organico di pesce, forse anche di piume; probabilmente un richiamo irresistibile all'azione, sicuramente una scintilla di follia, il motivo dello scatto verso l'alto e poi l'inevitabile traiettoria, dovuta alla forza di gravità, verso il centro della Terra di quel corpo umano, un gesto per certi versi atletico da non somigliare affatto ad una banale caduta in acqua. E non lo era.
Dopo alcuni secondi lo vedranno riemergere con tale inerzia da farlo spuntare fuori dall'acqua fino all'altezza della cintura, che però non portava, anzi pare indossasse soltanto un paio di pantaloncini da bagno, una semplice collanina al collo con un pendaglio a forma di àncora, ed un tatuaggio. La testa fuori, uno sguardo verso l'alto come per assicurarsi che nessuna Sula sia sulla sua traiettoria, e come potrebbe essere, le Sule puntano le Sardine! Lo spirito di conservazione, così era parso, gli imporrà anche di fare un giro veloce su se stesso a 360° per guardasi le spalle e tutt'attorno, ma in realtà, si saprà in seguito, era per vedere dove si trovano i grandi pesci, per cercare di riassumere la situazione e capire la sua posizione rispetto al centro della Battaglia. Poi giù di nuovo a mani nude sotto acqua a caccia di sardine pure lui. Ne prenderà soltanto una ma quale conquista! Il solo averci provato, il solo aver partecipato a quella danza, a quella caccia per la sopravvivenza, lo riempiranno di una dimensione ancestrale forse unica ed irripetibile.
Gli Animali lo fanno per istinto, l'Uomo soltanto a volte usa l'istinto ma esso è straordinariamente capace di elaborazione e ripensamento del passato, di comprensione del presente e di proiezione nel futuro. Nell'uomo l'azione è mediata da regole soprattutto sociali (anche in diverse specie animali l'istinto sociale è forte) che lo portano a prediligere scelte di vita quotidiana intese al bene comune e non solo al bene proprio; l'estremizzazione dell'istinto sociale lo può portare a comportamenti altrettanto estremi e definibili come eroici. Le scelte per il bene comune lo conducono ad essere ben accettato, approvato ed a volte a ricevere dei riconoscimenti dagli altri componenti della società così che, come conseguenza, il suo conforto e la sua felicità si elevano.
Tra realtà e sogno alle volte le dita scorrono sui bottoni avorio della tastiera a comporre frasi, nero su bianco, come animate da un alone di magia a narrare storie vere od immaginarie; ritornando al titolo di questo racconto, quel tuffo nel caos a caccia di sardine, sarà anche stata una pazzia ma lo rifarei con rinnovato entusiasmo pure adesso!

foto by Matt Doggett e Richard Shucksmith

martedì 26 agosto 2014

A Caccia di Sardine


Uno degli eventi naturali più straordinari è la caccia alle sardine. Pare che il più grande di questi appuntamenti avvenga tra il Sud Africa e l'Oceano Indiano dove i piccoli ed argentei pesci migrano in massa seguendo le acque fredde e ricche di plancton. Per effetto delle correnti in questi luoghi le sardine, dalle profondità dei mari, salgono in superficie dove numerosissimi predatori accorrono per non lasciarsi sfuggire l'occasione per un'abbondante e fruttuosa caccia. Saranno presenti stormi interi di Sule, incredibili uccelli dal forte becco e dalle capacità straordinarie di tuffarsi ed immergersi nell'acqua ad una velocità incredibile, oltre a saper nuotare in apnea per alcune decine di metri! Assieme a loro anche i Pellicani che prediligono una fascia marina più di superficie. Oltre che dall'aria le sardine subiranno attacchi pesanti dalle profondità Oceaniche: soprattutto Balene, Squali di tutti i tipi e Delfini. Migliaia, anzi milioni di pesci che si muovono all'unisono formando grossi ammassi dalle forme arrotondate ed azzurre, blu, argentee ed altri riflessi, che non durano più di qualche minuto sotto l'attacco dei predatori; pare siano presenti anche molti giovani esemplari dove possono esercitarsi a procurarsi il cibo da soli.
Non di rado si può aver l'occasione di assistere ad eventi simili che, anche se di dimensioni più contenute rispetto a quello Sud Africano, sono comunque impressionanti. Nel nostro viaggiare ricordo, e lo descrivo qui di seguito, uno che difficilmente scorderò.
Il tramonto non è lontano ed il cielo inizia a presentare colori rossastri. Ad un certo punto anche l'acqua cambia colore e diventa scura e biancastra allo stesso tempo, la superficie del mare sembra ribollire per la presenza di innumerevoli piccoli pesci che uno sull'altro si incrociano e sembrano voler scappare chissà dove. E non faccio difficoltà a capirli. Decine e forse centinaia di uccelli compaiono dal nulla radunandosi lì sopra. Tonni sfrecciano incrociandosi e quasi scontrandosi, Delfini saltano fuori dall'acqua e si rituffano con vistose e rumorose "spanciate" per disorientare i piccoli pesci, le Sule ed i Pellicani eseguono ampi giri in aria per poi tuffarsi a loro volta con energia e decisione per prendere la loro parte di cibo. Dalla nostra barca l'azione è facilmente visibile almeno per la parte in superficie, ed è entusiasmante e molto coinvolgente da rimanere a bocca aperta per minuti. Non riesco e non oso pensare cosa stia avvenendo sott'acqua!
Qualcuno sul Civetta II potrebbe giurare di aver visto, a quel punto, un uomo dalla corporatura longilinea tuffarsi in mare... (continua)

foto by Matt Doggett e Richard Shucksmith

lunedì 11 agosto 2014

Verso lo Stretto di Torres, confine tra Pacifico ed Indiano


Un'altro tatuaggio per me, inaugurando il braccio destro quale tela dove fissare le tappe ed i simboli che più mi piacciono: lato destro equivale all'oriente. Un bel canguro ovviamente! Sul braccio sinistro, l'occidente, mi tengono compagnia Tiki (divinità del Pacifico) ed un disegno con motivi in uso presso gli Indios Emberas del Centro America. Il prossimo? Ve lo lascio indovinare. Ho però in mente un "ultimo" tatuaggio una volta giunto in Europa alla fine di questo lungo viaggio: quale fareste voi a simboleggiare il Vecchio Continente, l'Europa appunto? I ragazzi del Black Tathoo sono veloci e precisi.
Stiamo percorrendo tutta la costa nord-orientale dell'Australia direzione nord fino a passare lo Stretto di Torres, confine tra l'Oceano Pacifico e l'Oceano Indiano. Alterniamo uno-due giorni di navigazione con una pausa in porto o all'ancora. Da una settimana imperversa una profonda alta pressione su tutto il continente e questo fa sì che la zona in cui ci troviamo sia battuta costantemente da 20-30 nodi di vento da sud-est, ottimo per navigare considerando che ce lo abbiamo sempre da dietro o di traverso. Il pomeriggio siamo combattuti tra fermarci al punto previsto oppure proseguire fino ad un altro ancoraggio per ulteriori 10 miglia; spesso il successivo, per le sue dimensioni ridotte ed il riparo limitato che fornisce, o il fondale che non permette all'àncora di tenere, non lo riteniamo idoneo a trascorrerci la notte in tranquillità e allora azzardiamo più avanti. La marea può avere un escursione anche di 5-6 metri. Qui è pieno di isole, foci di fiumi ed i porti sono bellissimi e ben attrezzati. Il tenore di vita è molto alto, a mio parere, in queste località multietniche come Mackay e Cairns. Mi dicono che in queste zone c'è la produzione mondiale più grande di zucchero di canna, e che gli italiani, ottimi lavoratori ed imprenditori, sono ben radicati da un centinaio di anni. Non dovrebbe essere male vivere da queste parti, guida sulla corsia di sinistra a parte!
Lo Stretto dista ulteriori 4-5 giorni di navigazione e ne stiamo pianificando il percorso e le pause intermedie; la corrente marina in quei tratti può raggiungere anche i 8 nodi di velocità e ci sono dei bassi fondali da evitare: sarà importante studiare la tabella delle maree. La meteo non dovrebbe subire sostanziali cambiamenti. L'Oceano Indiano e l'Indonesia ci aspettano!

mercoledì 30 luglio 2014

La Grande Barriera Corallina


Lasciamo l'indimenticabile isola di Tanna con il suo vulcano attivo e la sua popolazione indigena che come su una macchina del tempo ci ha rimandato indietro di migliaia di anni, e Port Vila del gruppo delle Isole Vanuatu (New Hebridies) per dirigersi verso Mackay in Australia; lo facciamo per primi partendo tre giorni in anticipo rispetto al gruppo principale delle altre imbarcazioni approfittando delle previsioni meteo favorevoli. Dovendo percorrere ben 1100 miglia, circa 9 giorni di navigazione, ci lasceremo un'ampia bassa pressione appena formatasi a sud della nostra rotta sperando di arrivare a destinazione prima che se ne formi un'altra. Di questa, come speravamo, ne subiremo gli effetti solo marginalmente con venti attorno ai 20-28 nodi e onde non più di 3-4 metri per un paio di giorni.
La sorpresa sarà, per noi che non ci siamo mai stati, la Grande Barriera Corallina che cinge un po tutta la costa orientale della terra dei canguri e dei coccodrilli, un immenso labirinto di terre semisommerse, isolette ed ostacoli alla navigazione che bisogna, ovviamente, assolutamente evitare.  Non bastassero gli ostacoli "fissi" c'è la reale possibilità di incontrarne anche di "mobili": le balene, meravigliose da vedere ma pericolose dovessero decidere di usare la nostra chiglia come grattaschiena…
Ci troveremo ad affrontare la Grande Barriera di notte. Ad aiutarci a districarci nel Labirinto saranno un paio di waypoint essenziali suggeriti dalla direzione del World ARC Rally, le mappe Navionics con il GPS ed il riscontro visivo con i fari ed i fanali, la segnaletica marittima con codifica internazionale di colori, scintillii e sequenze di lampeggi e pause, presenti nei punti chiave ad indicare ostacoli e passaggi. Un "videogame" da giocare in tempo reale (e non è affatto un modo di dire) di diverse decine di miglia, lungo una giornata intera. A farla breve, all'inizio troveremo una bella corrente a favore di 3-4 nodi che poi ritroveremo più avanti contro come pure il vento e le onde proprio in un paio di passaggi stretti da condividere con altre barche a vela ed alcune meganavi. Cavalcare le onde a mò di rodeo avanzando piano piano ad 1-2 nodi con manovrabilità e velocità limitata dalle condizioni meteo sperando di non avere guasti in questa situazione non ci ha fatto dormire molto profondamente. Abbiamo optato per turni notturni brevi di un'ora: 1h dormire ed 1h di timone e guardia, e così via fino al mattino seguente, Vlado ed io.
Arriveremo nel porto di Mackay il pomeriggio tardi seguente. La visione della terra ferma, il sapere che quella è la tanto sognata Australia ci ha riempito di gioia e anche di un po d'orgoglio. La bandiera blu con la costellazione della Croce del Sud sventola alta a fianco della sartia di dritta, via radio chiamiamo la direzione portuale per chiedere il permesso ad entrare, prepariamo i parabordi e le cime per l'ormeggio. Australia!!

In foto 'Andromeda V' dalla Spagna

domenica 27 luglio 2014

Picnic d'Estate (continuazione)


Ora mi sento tranquillo, incredibilmente tranquillo e rilassato. Il mio compito di padre, amico, uomo e tutto quello che volete nei suoi confronti in questo momento è concluso. So che lui, comunque vada a finire, se la caverà sicuramente.
Lo guardo ancora una volta, forse sarà l'ultima. Sorrido appena per cercare di trasmettergli tutta la tranquillità e la normalità possibile. E mi viene naturale farlo: nessuno sforzo, nessuna finzione.
Adesso però è il momento di pensare a me e di cercare di fare qualcosa, di inventare un modo per uscire da quella che oramai appare come un'inesorabile ed irrecuperabile situazione. L'acqua mi arriva alla gola. Un bel respiro e vado sotto acqua con il busto in avanti fino a toccare con le mani il fondo. La temperatura bassa dell'acqua non mi procura più brividi, il corpo e la mente hanno altro a cui pensare. In questa posizione, come non ho fatto a pensarci prima, non ne ho avuto il tempo, il peso sulle gambe, che stanno sprofondando sempre di più, diminuisce spostandosi sulle braccia. E' vero che così facendo le mani iniziano un po a loro volta a sprofondare nella fanghiglia morbida però uno spiraglio di possibilità lo intravedo. Riemergo dall'apnea prima che l'effetto ventosa si impadronisca anche delle mie braccia. Lui è ancora lì accovacciato a guardarmi e penso per un istante che non ha perso la speranza di vedermi uscire dall'acqua proprio lì accanto e non "da qualche altra parte" come poco prima ne avevo paventato la possibilità. Tra l'erba alta c'è un grosso ramo che ora vedo spuntare, e sperando sia libero da radici o da un tronco che gli impedirebbero di spostarlo gli chiedo: "Riesci a passarmi quel ramo?". Senza dire niente si alza in piedi e con le sue braccine afferra fortemente il ramo che in un primo momento appare opporgli resistenza ma che due secondi dopo cederà alla forza di quel corpo di bimbo ma deciso, inclinato a quarantacinque gradi, con i piedi puntati per terra, a quella forza più che sufficiente a spostarlo di un paio di metri verso di me. "Ecc... ecccoh, papi!" - esclama soddisfatto dopo la premiante fatica! E sarà premiante sì, eccome!! L'acqua ora mi sfiora il mento e non ho molto tempo. Tiro ulteriormente il ramo per liberarlo completamente dall'erba e da altri rametti secchi attorno, lo immergo senza indugi trasversalmente di fronte a me e rifaccio il movimento di prima sotto acqua ma questa volta le mani invece che sull'inconsistente fango le appoggio sul legno che data la sua superficie ed il suo peso specifico non sprofonda. Sposto quanto più peso del corpo possibile in avanti e tiro su le gambe ad una ad una come dovessi salire una scala a gradini; qualche centimetro alla volta ed ambedue escono da quella presa fangosa nel giro di pochi secondi e sono fuori! Che sospiro di sollievo! Che squadra che siamo noi due, io e mio figlio!!
I dettagli degli istanti seguenti non li rammento. Non saprei dirvi cosa dissi a commento della piccola ma grande avventura. Forse non dissi nulla o forse un giorno, ripensando e rivivendo nuovamente quei momenti me lo ricorderò. Lo rifeci salire a sedere sulle spalle per rifare il percorso inverso direzione biciclette affrontando di nuovo il guado ma questa volta qualche decina di metri più a valle dove il fondo del fiume è chiaramente ciottoloso e duro: "Non torniamo nel fango vero?" - gli domando ironicamente - "No, no, meglio di no!" - risponde prontamente sottolineando il "no" con un gesto con la mano. Ci concediamo un bagno nell'acqua fredda, trasparente e bella del Fiume per toglierci le ultime tracce del fango nerastro di dosso, il sole ci asciugherà quasi del tutto mentre percorriamo qualche centinaio di metri che ci separano dalle due bici. Per me un panino "S", per lui un panino "W", i würstel sono i suoi preferiti. E poi facciamo il bis di paninetti, e poi ci sono anche la mela e l'acqua da bere a rinfrescare la gola ed a completare quel bel picnic sul fiume di quella calda domenica di agosto. Che squadra che siamo noi due!

venerdì 25 luglio 2014

Quella Volta sul Fiume


Sono passati una dozzina o più di anni da quella domenica sul fiume ma ancora ricordo molto bene quasi tutto al punto da percepire gli occhi miei brillare ogni qual volta scavo nella memoria per rivivere quei indimenticabili istanti; di tanto in tanto ritorno nel passato, in quell'assolato giorno d'estate, alla ricerca di qualche nuovo dettaglio perduto da riporre assieme agli altri dettagli già ritrovati a ricomporre il bellissimo puzzle di quei momenti.
Una giornata come molte trascorse assieme a fare qualcosa di interessante, qualcosa di nuovo, come mi sarei aspettato facesse con me mio padre ma che invece mi ritrovo, seguendo il naturale ciclo della vita, a farlo io con mio figlio: un bimbo di quattro anni che già fin dalla nascita si è dimostrato capace di stupirmi positivamente sotto tantissimi punti di vista. Io padre a guidare lui per mano attraverso il sentiero della vita, a muovere i primi passi, e perchè no a fare le prime scoperte e le prime esperienze che il territorio circostante ci offre. Nel contempo lui figlio a darmi la possibilità, tenendomi la mano e dedicandomi il tempo necessario, usualmente con inaspettata pazienza ed attenzione, di trasmettergli quello che di più bello ho imparato. Ecco il Fiume.
Sono le ore più calde della giornata, il sole scotta. La gente ha appena finito di mangiare e perlopiù adesso se ne sta all'ombra sperando in qualche alito di vento a dargli refrigerio. Il fiume è un letto luminoso di bianchi ciottoli, di sassi arrotondati e di poca sabbia lungo le sponde ricche di vegetazione mista: pioppeti ad alto fusto, acacie e rovi spinosi, erba alta non tagliata. Dove dovrebbe esserci l'acqua a scorrere, nel mezzo, c'è qualche isoletta anch'essa molto verde. Di acqua in realtà ce n'è ma veramente poca e appena sufficiente ad arrivare ai fianchi di una persona alta come me, ora sotto la sponda destra, ora sotto la sponda sinistra. Nei periodi estivi con poca pioggia l'acqua scorre sotto la superficie ricomparendo di tanto in tanto sotto forma di trasparenti e fredde pozze dove qualche pesce trova rifugio e dove i ragazzi locali fanno chiassosamente il bagno esibendosi tuffandosi da improvvisati trampolini posti sull'argine. Siamo arrivati fin qui con le nostre biciclette, il bere ed il mangiare sono nello zainetto a spalla: due bottigliette d'acqua, due mele e sei paninetti già preparati e avvolti nella carta stagnola con ognuno una lettera ad indicarne il contenuto: "W" würstel, "S" salame e "T" tonno.
Penso di andare da una sponda all'altra traversando completamente il letto del fiume, per la prima parte a piedi con le bici a mano, poi lasciare le stesse nascoste nel boschetto di un'isola per proseguire magari guadando qualche bassa pozza che è sempre divertente e rinfrescante farlo. Così infatti facciamo. Abbiamo già passato alcuni rivoletti ed un paio di acque stagnanti quando ci mancano solo una decina di metri alla sponda destra e l'acqua si presenta un po più profonda e scura. "Ti va di salire a sedere sulle mie spalle?" - chiedo sapendo già la risposta - "Sì, dai!" - risponde. In questo modo, penso, affronteremo meglio l'ultimo pezzo. Entro dentro e cammino. Il livello mi arriva al bacino e sento che il fondo si presenta inaspettatamente morbido e scivoloso. Ancora qualche metro e siamo arrivati. I ciottoli dove appoggio i piedi non li sento più, sono sostituiti da circa mezzo metro di fango melmoso, argilloso. E' una ventosa da cui non mi libero e che mi fa fermare a soli due metri dalla sponda. L'acqua mi arriva al petto, lui dall'alto della sua posizione ha i piedi che la toccano un po. Sento che il mio peso sommato al suo ed allo zainetto mi fanno ulteriormente sprofondare piano piano. Ora l'acqua mi arriva quasi alle spalle. "Ti faccio andare sulla sponda, fai un bel salto, ok? - comunico. Lo alzo in piedi sulle mie spalle, si tiene in equilibrio tenendosi con le manine per la mia testa, poi gli appoggio le mani sul sederino per dargli una spinta migliore e fargli fare un salto per colmare quel metro che manca alla terra ferma. Così facciamo. Infine mi sfilo lo zainetto, apro la zip della tasca laterale e tiro fuori il telefonino. E' bagnato e non funziona più.
Lui ora è accovacciato sulla sponda, mi guarda e mi ascolta con attenzione come solo lui sa fare; anche adesso mi sta donando inconsapevolmente il suo tempo. Lo guardo ancora una volta: è bellissimo, lo è sempre stato con quel suo viso rilassato e tranquillo che solo un bimbo sa avere, in pace con il corpo e con il tempo, in piena salute come solo la natura sa dare se vuole. "Ascoltami" - dico, "Si?" - risponde, "Se mi vedi andare sotto acqua e non venirne fuori allora non ti devi preoccupare perchè cercherò di uscire da un'altra parte" - poi continuo - "Un po dietro di te c'è una stradina di campo, la prendi, vai verso destra e cammini, cammini fin quando non trovi qualcuno e gli dici come ti chiami e dove abiti così che ti porti a casa" - ricordo bene li dietro essercene una sterrata perchè ci venivo a pescare con mio fratello. "Si!" - ribadisce la sua attenzione con un solo, forse, appena accennato dubbio. "Ti ricordi dove abiti, l'indirizzo di casa, vero?" - e me lo ripete a memoria come fosse una poesia, senza errori. Ora mi sento tranquillo, incredibilmente tranquillo e rilassato. Il mio compito di padre, amico, uomo e tutto quello che volete nei suoi confronti in questo momento è concluso. So che lui, comunque vada a finire, se la caverà sicuramente. (continua...)

foto by Iano - fiume e mangrovie alle Isole Fiji

Incontro con gli abitanti di Tanna - Isole Vanuatu


domenica 13 luglio 2014

Dolce Donna alle Pendici del Vulcano di Tanna - Vanuatu


Australia, il Proseguo è per Pochi


Il tempo che passa miete la flotta del World ARC Rally. Su un totale di 40 imbarcazioni alla partenza da Saint Lucia (Centro America - Mare dei Caraibi), ora, dopo 10.000 miglia ed a circa metà percorso del giro del mondo in barca a vela, hanno anticipatamente comunicato il loro ritiro 15 iscritti. In realtà alcuni di loro avevano già da tempo programmato lo stop in Australia per concedersi una lunga pausa per poi riprendere il viaggio, questa almeno è la loro intenzione, l'anno successivo aggiungendosi al gruppo prossimo; in questo gioco di lascia e riprendi il Giro, si prevedono un paio di partecipanti dell'anno precedente che si aggiungeranno al gruppo attuale, in tutto quindi circa 25 irriducibili equipaggi intenzionati a proseguire fino alla fine delle 22.000 miglia del percorso completo.
Il Civetta II, la barca a vela slovacca di 15 metri del capt. Vladimir Porvaznik con il suo crew Marco Zonca, è tra quelle che al momento non intendono fermarsi e si proiettano come una delle poche che a breve salperanno l'àncora dal porto di Mackay in Australia per proseguire verso nord in Indonesia e poi, continuando la navigazione in Oceano Indiano, verso ovest in direzione Sud Africa, e così via con alcune tappe intermedie fino a raggiungere il Brasile per concludere il lungo viaggio in aprile 2015 nell'isola di Saint Lucia punto di partenza nel Centro America. Li aspettano mari molto impegnativi.
I motivi che spingono allo stop un così alto numero di imbarcazioni andrebbero ricercati principalmente in tre cose: budget di spesa, affiatamento - morale e comprensione dei ruoli tra la componente umana a bordo, tenacia e motivazione al completamento di un lungo viaggio. Le cosiddette "spese impreviste" per guasti e rotture all'attrezzatura si sono susseguite un po per tutti e non hanno risparmiato nemmeno la nostra barca: reintestazione dello strallo di prua, ricucitura della vela gennaker strappata (rotta nuovamente ora è proprio da cambiare), generatore elettrico diesel riparato, autopilota elettromeccanico riparato, radio VHF sostituita, motore del gommone riparato due volte, e molte altre cose minori di cui, comprenderete, non ho fatto un elenco dettagliato; quasi tutti i problemi sono stati risolti con manodopera e competenze tecnica a bordo, qualche volta tramite consulenze esterne via e-mail o via telefono satellitare, che ci hanno fatto senz'altro risparmiare molto tempo e denaro portando nel contempo morale e maggior sicurezza in noi stessi. Non ultimo per importanza, anzi, è da notare il sostanzioso balletto di cambio-scambio del personale a bordo che ha caratterizzato le soste nei porti e nelle baie nelle ultime settimane per molti. E' indiscutibile che stare assieme per tanti mesi, vivendo 24h al giorno in spazi ristretti con poca privacy ed a volte sotto stress, può mettere in risalto aspetti sconosciuti del proprio ed altrui "io" non sempre improntati al costruttivo ed al positivo.
Riferendosi al Giro del Mondo che stiamo facendo, il Capitano Vlado sostiene che in questo caso due metà non fanno un intero, che il viaggio è più gratificante iniziarlo e completarlo senza interruzioni sostanziali; tali affermazioni mi trovano, ancora una volta, completamente d'accordo con lui.
foto by Iano

mercoledì 25 giugno 2014

Cani, Porci e Chiese


Il gruppo delle isole di Vava'u (Is.Tonga) è un atollo in formazione, o una grande isola vulcanica in disgregazione a seconda dei punti di vista. E' composto da un numero elevato di isole ed isolette colore verde smeraldo, perloppiù a strapiombo sul mare con rare spiagge arancioni. Kingdom of Tonga, bandiera rossa con un riquadro bianco in alto a sinistra a fare da sfondo ad una croce altrettanto rossa, credo siamo politicamente sotto il controllo Britannico; la seconda lingua è l'inglese. Non si può certo dire che vivono nel lusso, anzi, però sicuramente di una cosa penso si ritengono ricchi: la Fede. Chiese in ogni luogo, queste sì a sfoggiare lusso, le uniche ad avere un giardino erboso ben curato, la staccionata in legno o cemento ben pitturata ed un portone di ingresso recante frasi inneggianti al Signore. A volte hanno anche a lato un campo da gioco (basket, volleyball, ecc.) recintato all'impossibile e sempre vuoto (chissà quali formalità sono necessarie per entrare). Dalle profondità delle Chiese più grandi si odono echeggiare canti di voci bianche ad ogni ora. La domenica è vietato lavorare, firmare contratti, fare affari e chissà cos'altro non è permesso: tutti a Messa; camionate (non hanno i bus) di ragazzi e ragazze di tutte le età vestiti a festa, anzi direi in divisa e con colori vivaci, a ritrovarsi nei luoghi di culto ad onorare il Creatore ed a cantare canzoni inneggianti alla Croce. Le famiglie meno prolifere hanno una decina di figli mi riferisce il ragazzo che con la macchinetta e gli aghi intinti nell'inchiostro nero mi sta marchiando con un nuovo disegno; normalmente i gruppi famigliari sono composti da 15 e anche 17 pargoli a correre per casa assieme ad un numero elevato di cani, ed a condividere gli spazi verdi, giardini e boschi, con un numero imprecisato di maiali soprattutto di colore nero, pochi maiali rosa ed alcuni maiali pezzati. I suini sono dappertutto a libero pascolo come fossero galline, e come se la terra a disposizione a loro non bastasse gli abbiamo visti rovistare col muso basso perfino dentro l'acqua di mare, cosa mai vista.
Dopo un paio di ore sotto i ferri aguzzi ed un paio di proposte di matrimonio da parte di ragazze di passaggio dalla botttega di Miki, il giovane che fa i tatuaggi, entrato un po in confidenza con lui gli chiedo cosa se ne fanno di tanti cani. Risposta presto data: li mangiano alla pari di altri animali, e a suo dire quelli di età quasi giovane sono meglio delle porchette.
Passeggiando all'interno di una di queste isole, da sponda a sponda lungo l'unica strada di terra e noci di cocco, queste ultime rovesciate a formare una superficie più solida dove il fango è più profondo, posso raccogliere e saggiare dei mandaranci dal sapore un po aspro ma molto buoni. Qui cammino sempre con un occhio rivolto verso l'alto nel caso una noce di un paio di chili decidesse di staccarsi da una decina di metri di altezza per piombarmi addosso, non mi divertirei di certo a riceverla in testa o su una spalla. Scorgo a lato tra il fogliame un grosso ragno e la sua tela giallastra; i tre fili principali a tenerla tesa tra i rami fanno impressione tanto sono spessi; decido quindi di provare la loro resistenza prendendone uno tra le mani e trazionandolo (tenendo d'occhio il ragno che non si incazzi!!). Tira e tira alla fine lo spezzo… ma quale forza quel filo di ragnatela! Prima di andarmene riparo il "danno" al ragno con un nodo marinaro (nodo 'piano') e la sua tela è di nuovo a posto!! Su un altra piccola isola trascorreremo la giornata a ripulirla dalle immondizie, idea di Joseph che ha contagiato anche me. Su un'altra isola ancòra siamo invece stati ospiti, diciamo così, di una famiglia di una ventina di loro che hanno cucinato due maialini alla brace sulla spiaggia: mentre la mamma preparava dei deliziosi contorni ed il papà accendeva il fuoco, i bimbi hanno provveduto a tutto l'occorrente riguardo la bestia, dal pascolo al piatto… Hanno partecipato al barbeque i componenti di una decina di imbarcazioni del nostro gruppo del World ARC Rally, ed in quella occasione abbiamo potuto raccogliere e donare alla piccola scuola locale un migliaio di dollari. Niente S.Messa ma ci siamo "sentiti buoni" lo stesso.
Dimenticavo quasi di scrivere che qui è arrivato l'inverno, ma forse sarebbe più corretto dire che ci siamo andati incontro noi considerando che siamo giunti, a giugno, ben oltre i 21° di latitudine sud.
Aggiungo, infine, che con tutto questo raccontare mi è venuta una irresistibile voglia… di cane… (volevo scrivere 'carne').

foto by Vlado

venerdì 13 giugno 2014

Volvo Ocean Race: ufficiale, confermato il mio amico Alberto Bolzan su Team Alvimedica!!



Volvo Ocean Race: ufficiale, confermato Alberto Bolzan su Team Alvimedica. Sarà lui il velista italiano al giro del mondo. (Intervista by Farevela)

Newport, USA- Adesso è ufficiale. Sarà Alberto Bolzan il velista italiano che disputerà la prossima Volvo Ocean Race su Team Alvimedica. Ad annunciralo a FareVela è lo stesso Bolzan, nell’intervista che ci ha concesso oggi via skype da Newport, dove il team turco-americano è arrivato ieri sera al termine della sua prima traversata atlantica test, dieci giorni da Lisbona a Newport, Rhode Island.
Alberto Bolzan con lo skipper Charlie Enright a Newport. Foto Forster
Alberto Bolzan, 32 anni, friulano di scuola velica triestina, è quindi il primo italiano a disputare la Volvo Ocean Race, da Gabriele Olivo che fu MediaMan su Telefonica nell’edizione 2009-2009. Per ruoli di velisti bisogna risalire però addirittura a Stefano Rizzi e Ciccio Celon su Amer Sports One nel 2000-2001. “La realizzazione di un sogno”, ci ha detto Bolzan, “Visto che la Volvo Ocean Race è sempre stata il mio obiettivo velico da quando ero bambino. Una sfida che mi ha sempre appassionato”.
I due skipper del team, gli americani Charlie Enright e Mark Towill, stanno concludendo la selezione dell’equipaggio, che sarà pronto, da quello che ci ha detto Bolzan, nella prossima sessione di test, all’inizio di luglio. “Ci siamo fatti un’idea dell’equipaggio, nei vari ruoli, ci siamo posizionati bene a bordo”, ma il suo ruolo è già confermato ed è ufficiale, come si percepisce dal plurale che usa, “Sì, mi hanno appena detto che lo posso dire, è ufficiale. Sono a bordo come uno dei timonieri e trimmer durante il turno, per quanto riguarda la specializzazione sono responsabile del programma di sviluppo delle performance e del tuning del rig”. Il tono è un misto di soddisfazione e professionalità. Da una parte, raggiante per esserci e dall’altra conscio che c’è una lunghissima rotta da percorrere. Ma la faccia da bravo marinaio friulano lascia passare anche qualche bel sorriso. Per Alberto Bolzan il sogno velico si sta realizzando e scusate se è poco.

E come è andato il primo oceano? “Una traversata fantastica, siamo pariti con vento di 30 nodi in poppa e abbiamo fatto medie sulle 500 miglia per i primi quattro giorni, poi bolina fino a 30 nodi e vento leggero alla fine. Molto positivo come allenamento, abbiamo potuto testare la barca nelle condizioni più diverse”.
Sui Volvo 65, che ci dice di aver timonato moltissimo sia nelle sessioni quotidiane in Portogallo sia nei giorni scorsi in Atlantico, Bolzan parla sicuro: “Mi è sembrata una bella barca, molto solida, dà una sensazione di grande sicurezza perchè sentirsi sicuri quando il mare è grosso ti fa dormire un po’ più tranquillo, per quel poco che si riesce... E poi dal punto di vista delle performance è potente e veloce. In condizioni sui 20-30 nodi alle portanti si naviga costantemente sopra i 25 nodi, con punte sui 30. Dà davvero molta soddisfazione navigarci. I 70 erano barche più estreme, con ricerche esasperate delle
performance. I 65 sono magari un pelo meno veloci come punta ma la sicurezza è notevole e sapere di poter contare su un mezzo che dà affidamento quando sei da solo in mezzo all’oceano tirando sempre. Sono un compromesso eccellente tra velocità e affidabilità”.

E al timone? “La si porta come tutte le barche veloci da alte prestazioni, paragonabile più a una barca tipo Esimit che a una IRC. Ha bisogno di specializzazione, specialmente per la gestione della canting keel ma alla fine è pur sempre una barca a vela. Dal punto di vista fisico è molto dura. Portarla in otto significa avere molta forza e resistenza. Le vele sono di tipo oceanico, quindi molto pesanti e per spostarle si fatica molto, così per le manovre visto che si fa tutto con i grinder. Una bella preparazione fisica è certo fondamentale. Dopo averci vissuto per dieci giorni, posso dire che la scelta del one design ha dato anche la possibilità di pensare a un minimo di “confort”. Intendiamoci tutto è al massimo della tecnologia e in carbonio ma le brandine sono sempre brandine... ma un pelino più grandi... così come l’altezza in cabina garantisce un volume d’aria respirabile migliore. E posso garantire che dopo che si vive per dieci giorni in otto lì sotto la cosa si apprezza... Sei sempre bagnato, pieno d’acqua, tutto scuro con il carbonio e rischi di picchiare la testa da tutte le parti, ma lo sai e chi accetta di fare questa regata accetta anche questi aspetti, anzi è un po’ il suo bello”.
Bolzan ci dice apertamente che solo due anni fa non si immaginava certo di fare questa Volvo ma che questa era sempre stata il suo sogno. “Mi sono dedicato alle regate inshore e ai one design, fondamentali per progredire nella tecnica ma questo tipo di regate come la Volvo è sempre stato il mio sogno fin da piccolo. Tra i miei idoli velici ci sono sempre stati i personaggi che hanno fatto grande questa regata e ho avuto sempre il massimo rispetto per loro. Quando stavano impostando la campagna mi hanno detto di farmi sentire, ho mandato il mio curriculum, gli è piaciuto. Abbiamo provato in due sessioni ed ora eccomi qui, a 32 anni sono tra i più vecchi”.

Team Alvimedica è il team americano ideato dai due skipper del New England Charlie Enright e Mark Towill, con sponsor turco-italiano (la piemontese CID Vascular, Ndr) e un sailing team tutto sui trent’anni. Bolzan, che di anni ne ha 32, lo descrive così: “Un gruppo molto bello, giovane, si respira un’aria di volontà e voglia di fare esperienza. Tutti abbiamo voglia, magari non abbiamo l’esperienza di grandi navigatori oceanici, ma siamo tutti qui per imparare e bruciare le tappe. Il nostro obiettivo è quello di presentarci, tra pochi mesi, sulla line di partenza come un outsider per dare fastidio al massimo ai team favoriti”.
Full immersion per Bolzan sulla Volvo Ocean Race nei prossimi mesi, a parte una puntata alla Giraglia la prossima settimana come ultima regata con Esimit (il supermaxi di Igor Simsic, Ndr), e moltissime cose da testare e provare. “Dobbiamo imparare il più possibile in poco tempo, navigare fa sempre bene...”.

E come vedrebbe Alberto Bolzan una futura eventuale partecipazione italiana alla Volvo? “Credo che sia fondamentale prima di tutto creare il massimo interesse su questo tipo di vela. Tra le boe siamo tra i migliori al mondo ma credo che avremmo delle possibilità buone anche nelle regate offshore. La Volvo ha sempre un fascino tutto suo. ieri sera quando siamo arrivati a Newport c’erano decine di barche che ci attendevano e che ci hanno poi scortato fino all’ormeggio, riservandoci una grandiosa accoglienza, e questo solo per un allenamento. E poi c’è la parte imprenditoriale, la programmazione, assai complessa e dove c’è un gruppo di persone che lavorano a tempo pieno e senza le quali non potremmo neanche navigare. Un lavoro di team assai interessante, dove la programmazione è tutto”.

In foto: Bolzan sorride al timone di Alvimedica. Foto Amory Ross/Team Alvimedica