venerdì 25 luglio 2014

Quella Volta sul Fiume


Sono passati una dozzina o più di anni da quella domenica sul fiume ma ancora ricordo molto bene quasi tutto al punto da percepire gli occhi miei brillare ogni qual volta scavo nella memoria per rivivere quei indimenticabili istanti; di tanto in tanto ritorno nel passato, in quell'assolato giorno d'estate, alla ricerca di qualche nuovo dettaglio perduto da riporre assieme agli altri dettagli già ritrovati a ricomporre il bellissimo puzzle di quei momenti.
Una giornata come molte trascorse assieme a fare qualcosa di interessante, qualcosa di nuovo, come mi sarei aspettato facesse con me mio padre ma che invece mi ritrovo, seguendo il naturale ciclo della vita, a farlo io con mio figlio: un bimbo di quattro anni che già fin dalla nascita si è dimostrato capace di stupirmi positivamente sotto tantissimi punti di vista. Io padre a guidare lui per mano attraverso il sentiero della vita, a muovere i primi passi, e perchè no a fare le prime scoperte e le prime esperienze che il territorio circostante ci offre. Nel contempo lui figlio a darmi la possibilità, tenendomi la mano e dedicandomi il tempo necessario, usualmente con inaspettata pazienza ed attenzione, di trasmettergli quello che di più bello ho imparato. Ecco il Fiume.
Sono le ore più calde della giornata, il sole scotta. La gente ha appena finito di mangiare e perlopiù adesso se ne sta all'ombra sperando in qualche alito di vento a dargli refrigerio. Il fiume è un letto luminoso di bianchi ciottoli, di sassi arrotondati e di poca sabbia lungo le sponde ricche di vegetazione mista: pioppeti ad alto fusto, acacie e rovi spinosi, erba alta non tagliata. Dove dovrebbe esserci l'acqua a scorrere, nel mezzo, c'è qualche isoletta anch'essa molto verde. Di acqua in realtà ce n'è ma veramente poca e appena sufficiente ad arrivare ai fianchi di una persona alta come me, ora sotto la sponda destra, ora sotto la sponda sinistra. Nei periodi estivi con poca pioggia l'acqua scorre sotto la superficie ricomparendo di tanto in tanto sotto forma di trasparenti e fredde pozze dove qualche pesce trova rifugio e dove i ragazzi locali fanno chiassosamente il bagno esibendosi tuffandosi da improvvisati trampolini posti sull'argine. Siamo arrivati fin qui con le nostre biciclette, il bere ed il mangiare sono nello zainetto a spalla: due bottigliette d'acqua, due mele e sei paninetti già preparati e avvolti nella carta stagnola con ognuno una lettera ad indicarne il contenuto: "W" würstel, "S" salame e "T" tonno.
Penso di andare da una sponda all'altra traversando completamente il letto del fiume, per la prima parte a piedi con le bici a mano, poi lasciare le stesse nascoste nel boschetto di un'isola per proseguire magari guadando qualche bassa pozza che è sempre divertente e rinfrescante farlo. Così infatti facciamo. Abbiamo già passato alcuni rivoletti ed un paio di acque stagnanti quando ci mancano solo una decina di metri alla sponda destra e l'acqua si presenta un po più profonda e scura. "Ti va di salire a sedere sulle mie spalle?" - chiedo sapendo già la risposta - "Sì, dai!" - risponde. In questo modo, penso, affronteremo meglio l'ultimo pezzo. Entro dentro e cammino. Il livello mi arriva al bacino e sento che il fondo si presenta inaspettatamente morbido e scivoloso. Ancora qualche metro e siamo arrivati. I ciottoli dove appoggio i piedi non li sento più, sono sostituiti da circa mezzo metro di fango melmoso, argilloso. E' una ventosa da cui non mi libero e che mi fa fermare a soli due metri dalla sponda. L'acqua mi arriva al petto, lui dall'alto della sua posizione ha i piedi che la toccano un po. Sento che il mio peso sommato al suo ed allo zainetto mi fanno ulteriormente sprofondare piano piano. Ora l'acqua mi arriva quasi alle spalle. "Ti faccio andare sulla sponda, fai un bel salto, ok? - comunico. Lo alzo in piedi sulle mie spalle, si tiene in equilibrio tenendosi con le manine per la mia testa, poi gli appoggio le mani sul sederino per dargli una spinta migliore e fargli fare un salto per colmare quel metro che manca alla terra ferma. Così facciamo. Infine mi sfilo lo zainetto, apro la zip della tasca laterale e tiro fuori il telefonino. E' bagnato e non funziona più.
Lui ora è accovacciato sulla sponda, mi guarda e mi ascolta con attenzione come solo lui sa fare; anche adesso mi sta donando inconsapevolmente il suo tempo. Lo guardo ancora una volta: è bellissimo, lo è sempre stato con quel suo viso rilassato e tranquillo che solo un bimbo sa avere, in pace con il corpo e con il tempo, in piena salute come solo la natura sa dare se vuole. "Ascoltami" - dico, "Si?" - risponde, "Se mi vedi andare sotto acqua e non venirne fuori allora non ti devi preoccupare perchè cercherò di uscire da un'altra parte" - poi continuo - "Un po dietro di te c'è una stradina di campo, la prendi, vai verso destra e cammini, cammini fin quando non trovi qualcuno e gli dici come ti chiami e dove abiti così che ti porti a casa" - ricordo bene li dietro essercene una sterrata perchè ci venivo a pescare con mio fratello. "Si!" - ribadisce la sua attenzione con un solo, forse, appena accennato dubbio. "Ti ricordi dove abiti, l'indirizzo di casa, vero?" - e me lo ripete a memoria come fosse una poesia, senza errori. Ora mi sento tranquillo, incredibilmente tranquillo e rilassato. Il mio compito di padre, amico, uomo e tutto quello che volete nei suoi confronti in questo momento è concluso. So che lui, comunque vada a finire, se la caverà sicuramente. (continua...)

foto by Iano - fiume e mangrovie alle Isole Fiji

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