Il giro del Mondo in barca a vela: "Non si possono scoprire nuovi Mari se non si ha il coraggio di lasciar scomparire la Terra dietro l'orizzonte"
domenica 2 febbraio 2014
Il Richiamo della Foresta
La passione per le passeggiate in montagna e nei boschi mi segue anche qui in Centro America. Come non rimanere attratti da questa natura, quasi invadente, che guardata dal mare appare verde e rigogliosa fino a pochi centimetri dal mare salato, indomita nei confronti sia del vento che dall'implacabile andirivieni dei riflussi e delle onde. La stessa natura, ammirata dal suo bordo terrestre, può sicuramente incutere timore ed immenso rispetto. Non si vede nessuno entrarvici: scimmie che urlano in modo assordante, coccodrilli sonnolenti nelle acque stagnanti, tronchi e rami che si stagliano nei cielo come pure nel terreno umido a grondante, anche troppo spesso, di acqua piovana che più e più volte al giorno fa sentire la sua presenza. Tra questi un infinità di altri essere viventi più o meno grandi, insetti, uccelli, e quanto altro la natura è capace di produrre.
Ma il richiamo della Foresta che, lo ricordo, da queste parti tra la Colombia, il Guatemala e Panama si chiama Jungla, è troppo forte per non lasciarmi attrarre in una toccata-e-fuga al suo interno, quasi un bagno di verde scuro, verde, verde chiaro, marrone e nero, forse un'immersione in una specie di fonte battesimale per una rinnovata rinascita.
Poche cose porto con me, quello che l'esperienza suggerisce e l'incoscienza tace. La guida di me stesso sarà ancora una volta la stessa persona, colui che mi accompagna in ogni luogo e tempo, cioè io. Chi migliore compagno di se stessi? Chi può essere più instancabile, più critico, più compiacente, più sognatore e fedele compagno?
Le prime centinaia di metri sono veramente faticose: il "bosco" è quasi impenetrabile. Dopo un po l'andatura migliora un po quando, per istinto o per fortuna, trovo una linea piuttosto percorribile che mi permette alcuni chilometri di spostamento. Si scivola, mi tengo in equilibrio sui rami, sulle radici, sulle foglie gigantesche. Si sprofonda nel fango anche trenta centimetri a tratti. Ancora un paio di chilometri e poi ritorno indietro, penso. Cicale, o cosa di preciso non lo so, assieme al canto degli uccelli e tutto il resto, scimmie che gridano allarmate, tutti assieme sono assordanti. E' anche vero che non saprei cosa dovrei ascoltare se tutti loro facessero silenzio... forse me stesso che mi suggerirebbe di non tornare indietro per optare, invece, per un percorso circolare. Nel frastuono mi ascolto ugualmente. Altri chilometri nel verde. Una salita, poi una discesa ripida. In questa zona l'acqua un po prevale e si esprime con forme di pozze, rivoletti, cascatelle ed il fango è più chiaro e ancora più scivoloso e le scarpe non fanno presa: scivolo. Ed è proprio qui che la mano, la quale usualmente mi regge salda, in un passaggio improvvisamente trova le spine al posto del solito sicuro ramo di legno liscio o ruvido. Non reggo al dolore delle punte che mi si infilzano profondamente nella carne: urlo. D'istinto mollo la presa e le punte acuminate dalla forma conica escono facilmente della mano ferita, e tento un'altra presa, con l'altra mano, su un altro ramo o qualcosa che fermi la mia inevitabile caduta a corpo libero. Anche la seconda mano fallisce la presa trovando solamente un ciuffo di inconsistenti fili d'erba. Sono gambe all'aria, segue un tonfo sordo e finisco nel rivoletto. E' uno scivolo viscido e lungo. Non riesco a fermarmi e dopo qualche metro il rivoletto è un piccolo fiumetto marrone di acqua e fango, poi si tramuta in una cascatella, una ventina di metri ed io, assieme al flusso liquido, sbuco nel vuoto. Un salto di 3-4 metri mi farà arrivare in un laghetto, o meglio in una pozza, e finisco nel buio sotto acqua e sotto il fango. I due o tre secondi per riemergere a riprendere fiato sono lunghi ma alla fine rivedo la luce, e dopo aver ripreso la funzionalità di messa a fuoco della vista, con mia immensa sorpresa mista ad una misurata e poco prevalente paura, vedo cosa mi si presenta davanti oltre al marrone del laghetto, tra il verde nelle varie tonalità vedo nitidamente alcuni colori vivi, giallo, blu e rosso, e solo istanti dopo scorgo la sagoma dei proprietari di quei colori apparentemente fuori luogo: gli Indios!
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Grandeee!!!!!!! ;))))
RispondiEliminaGuarda che hai davanti ancora molte miglia fa fare!!!! Ocio ;)))))
Franco, scrivimi su marco@xweek.it che ti mando un messaggio...
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