Mi ritrovo qui, di primo pomeriggio, a 15.000Km da quelli che furono la mia casa e la mia famiglia di origine, o di quello che di essi rimane dopo gli accadimenti recenti, a volgere il mio pensiero a quando vivevamo tutti assieme e sotto lo stesso tetto in una moderata felicità ed agiatezza. E non è di certo la prima volta che il passare del tempo, spesso troppo prematuramente, è stato inesorabile.
Un ricordo lampo, un piccolo numero di immagini soltanto mi si visualizzeranno nel tempo di un millisecondo che riassumeranno non di certo i momenti più belli e felici di quei tempi ma sarà un condensato di famiglia che al giorno d'oggi si potrebbe ben definire numerosa.
L'immagine prevalente è quella di mio padre, un armadio grosso dalle mani grosse pure quelle, con una cintura altrettanto grossa a reggere i pantaloni lunghi da uomo. Non ci sono dubbi che l'Uomo in famiglia era Lui. Nel nostro caso, quello della mia famiglia, uno scontato accessorio d'abbigliamento, la cintura appunto, indossata, ed usata, dal Capo Famiglia, diventerà un simbolo che tutti noi ricorderemo.
Sarà la mia sorella maggiore a provare quella cintura sulla sua pelle, probabilmente anche troppo. Mio fratello più grande invece se ne andrà di casa quasi appena maggiorenne per non saggiarne troppo di quel cuoio; io e lui siamo sempre stati lontani ma lo stesso tempo sempre vicini. L'altro mio fratello, voglio crederlo, penso sia stato troppo scaltro per subirne i suoi effetti direttamente, mentre l'ultimo dei miei fratelli, forse, l'ha assaggiata poco. Ed infine io, troppo piccolo di fronte a quell'oggetto quale furia spessa e pesante, coi buchi da una parte, e con una grossa fibbia di ferro dall'altra, pur avendola vista molto da vicino, avevo la mamma che si frapponeva tra me ed il gigante irato; ero un bimbo difeso dalla madre ma che appena vedeva la stessa troppo vicina al ciclone mi trasformavo in un piccolo eroe lanciandomi a mia volta in sua difesa.
E quando nostro padre veniva gonfiato dall'ira che gli partiva dal di dentro, quando in viso cambiava colore, quando l'espressione e le vene andavano di pari passo con il gesto di sfilarsi la cintura allora era il momento di cominciare a correre forte, se ne avevamo la possibilità e lo spazio, oppure, purtroppo per noi, ci rimaneva la misera speranza che in quel momento impugnasse la cintura dal lato del ferro, una specie di triste testa o croce, lasciando la nostra carne esposta soltanto alla violenza del cuoio.
Eravamo una normale e per certi versi benestante famiglia anni sessanta, cattolica, democristiana, abitante in un bel paesino appena al di quà della Cortina di Ferro.
... e poi sono io.. "quella itinerante nel cambiare casa"... =) ...fai buon viaggio... sono contenta per te ed orgogliosa di te, che stai realizzando il tuo sogno. ;D
RispondiEliminaora che ti ho "pescato" (che, x te che sei in mare, è proprio una battuta orribile, lo so) qua, ti seguirò "da vicino"...
pensami... perché so che alle volte di ritorna QUELLA frase, che ti dicevo dopo DUE ORE di telefonata alla sera "maaaa a cosa stai pensando?"
bacione.
la Regina delle Nevi.
ps. bella l'àncora che hai al collo!!!!! ;)
Ciao Regina,
RispondiEliminasono partito, hai visto?
Se sei in cerca di nuova casa allora la mia è libera per 1 anno circa... :-)
Ciao Marco...ho ripreso oggi a rileggere il tuo blog. Devo dire che la tua 'narrazione' mi ha fatto correre i brividi lungo la schiena. Quante cose si possono nascondere, certe volte, dietro un apparente stato di normalità. Ti - vi auguro una buona navigazione e che questa esperienza ti possa dare tutto ciò che stai cercando. Dario (amico di Ugo).
RispondiEliminaCiao Dario, grazie per il commento. Ci sono stati un paio di eventi coincidenti che mi hanno dato lo spunto per far riemergere questi ricordi e quindi scriverli e descriverli come "normali" eventi famigliari. A presto rivederti, magari in mezzo alla calca di una fiera... :-)
Elimina